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rebbe sposso più pericoloso che vantaggioso al loro primo. I secondi devono astenersi.

Trattenere la spada avversa per ferire, è slealtà; ma l’atto è scusabile, se è istintivo. E novantanove volte su cento è istintivo e macchinale.

Uno non sarebbe uomo d’onore, se andasse sul terreno coll’intenzione di servirsi della sinistra. Ma sul terreno si fa quel che si può.

In sala d’armi la parata con la mano sinistra non si insegna. E una parata non soltanto irregolare; ma anche pericolosa per chi la adopera. Infatti, lo schermidore che agita la sinistra, presenta tutto il corpo scoperto. Ma la sala d’armi è una cosa e il terreno è un’altra.

Il Vigeant, un maestro eccellente, fu assai più esclusivo nella proibizione della sinistra. L’uso della mano, egli disse, è un fatto sleale; ed è tanto più sleale, quando il combattente svia la spada nemica per colpir subito dopo.

Al contrario il Roulez, un dilettante fra i migliori, affermò che si può parare con la manca e quindi rispondere.

La scuola italiana, la scuola-madre, insegna la parata di mano sinistra. Quando poi uno ha parato, risponde istintivamente.

L’Oudard, maestro molto stimato a Lilla, aggiunse che egli non insegna in sala la parata in questione; ma che sul terreno la cosa muta. Sul terreno uno si difende come sa e può. Regole di duello non ci sono (!!!).

Molti altri dilettanti e maestri valentissimi espressero la stessa opinione in favore della mano sinistra: Féry-d’Esclands, Edmond, Dolfin, Villeneuve, Expeleta, Alfonso de Aldama, G. de Aldama, Wasckiewiz, e infine Mérignac.

Il barone di Vaux dichiarò:

— Quanto a me, io non penserei da prima a far uso della manca; ma se, nel calore del combattimento, mi si presentasse l’occasione, io mi crederei puramente e semplicemente nel diritto di parare in quel modo.

Paolo di Cassagnac invece, quello delle epistole al Laur, e Anatolio de la Forge, il gentiluomo senza macchia e senza paura, condannarono l’uso della sinistra assolutamente.