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danno il povero Parrini, perchè le inesatte relazioni dei reporters lo condussero innanzi tempo alla tomba.

Il duello, nel quale il Parrini perdette la vita, si annota tra quelli che destarono una viva e profonda impressione nella stampa italiana, perchè alla maggioranza sembrava che la causa non fosse tale da giustificare un combattimento singolare; ma tutt’al più meritare l’indulgenza e la commiserazione della giustizia punitrice. E questo sentimento si propagò, forse più per l’esito funesto dello scontro, che pel duello in sè stesso.

Già si sa; l’offesa si sente in mille modi differenti, e non ha bisogno di dimostrazione il canone, confortato dall’esperienza, che nei duelli di qualunque specie, il caso, più che l’arte e la volontà, determina le conseguenze dello scontro. Superfluo, quindi, un maggiore esame, mentre torno al movente.

Il Parrini, dunque, tratto in inganno, sembra, da imperfetti e non esatti rapporti, mandò alla Gazzetta d’Italia, che lo pubblicò nel numero 196 (16 luglio 1884) il brano di corrispondenza, che segue testualmente:

«Nel processo contro la Venturini oltre alla sua figura caratteristica di avventuriera e di truffatrice, d’un genio malefico pieno di acume e d’intelligenza, ne sono spiccate fuori altre due, quella di Eugenio De Witt e Alberto Schmidt.

«Eugenio De Witt, figlio di un ricco banchiere di Livorno, ora domiciliato a Pisa, conobbe in epoca lontana la Venturini, se ne invaghì la tolse alla vita onesta e laboriosa, dandole a credere che sarebbe stata felice e le fece perdere la posizione d’istitutrice nella nobile famiglia Liscia. Questi son fatti. Vissero insieme più o meno nascostamente ed ebbero un figlio, Mario, che ha ora circa 7 anni, un amore di bambino. Questa donna, facile alle passioni e dedita a sensazioni svariate, sembra che non si comportasse col De Witt come egli sperava: l’allontanò da sè e la fece esiliare da Livorno.

«La Vittoria vagò, si dette in braccio a questo e a quello, e non paga delle sovvenzioni che il padre di suo figlio le faceva ogni tanto, si decise di recarsi a Livorno col figlio a fare una di quelle che si chiamano scenate.