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avrebbe sparato per primo. I padrini, frattanto, collocano i duellanti al limite fissato; si allontanano e dopo un secondo di sosta:

— Signori, a voi!

Il capitano Mancini raccolse il braccio sinistro sul petto; alzò col destro la pistola, mirò e fece fuoco. La palla era penetrata in pieno torace del Bennati, che girò su sè stesso e giacque al suolo.

Accorse il medico; accorsero i secondi; il projettile aveva leso i visceri, nulla c’era da fare. Il travaso di sangue soffocava il ferito, alle labbra del quale un singulto straziante faceva venire una schiuma sanguigna.

— È un uomo morto; non si salva! esclamò il medico apponendo il primo e sommario apparecchio.

Il corpo di Giuseppe Bennati, di cui non s’aveva altro segno di vita, che nel rantolo spasmodico dell’agonia, fu adagiato sopra un materasso posto in una terza carrozza, fatta venire in precedenza. Il medico gli si pose di fianco.

Il capitano Mancini e i suoi padrini avevano di già abbandonato il luogo ferale, seguiti quasi subito dai padrini del Bennati.

Ricoverato in una stanza di una casa di salute di Senaghino, il Bennati ebbe il conforto di rivedere il padre suo, nelle braccia del quale spirò l’8 di giugno.

La scienza pietosa fece sapere al pubblico, che il giovane Bennati era morto in conseguenza di una pleuro-pneumo-traumatomia! Ma il pubblico sapeva ch’egli era caduto sotto la palla di un marito, di cui aveva sedotto la moglie, lasciandosi da lui cogliere in flagranza di.... reato.

Di quel duello, scrisse Giarelli:

«Di quella coppia, di quell’amore illegittimo, di quella delazione della camerista, di quella sorpresa, di quello scandalo indicibile, dell’enorme impressione nel pubblico pel fatto in sè, per gli attori, e per le loro famiglie — pochi sono in Italia i quali potrebbero, come posso io, ricordare e narrare persino gli indistinti e minimi particolari. In quei tempi — come lo sono sempre ancora — io era intrinseco dell’avvocato Pier Ambrogio Curti, intimo di Pasquale Stanislao