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dall’anonimo; entrò in una casa in via Unione, salì le scale e bussò all’uscio ch’eragli stato descritto. Purtroppo l’anonimo aveva denunciato giusto. Fu il Bennati in persona che, credendo fosse la cameriera, aperse la porta al tradito marito il quale, penetrando furibondo nella stanza, vi trovò la consorte.

Il giorno del Corpus Domini, mentre le campane rallegravano co’ loro squilli pettegoli la monotonìa della brughiera milanese, due carrozze si seguivano sulla polverosa strada di Bollate. I due veicoli abbandonarono la strada principale, al punto dove anche ora sorge una piccola casetta, sulla facciata della quale è dipinto lo stemma di casa Borromeo.

Dopo breve tragitto le due carrozze si fermarono allo sbocco di una viottola, in una radura, ombreggiata scarsamente da stentati salici. Dalla prima discesero il Bennati co’ suoi rappresentanti; dalla seconda il capitano Mancini, co’ suoi padrini ed il medico.

Le parti avversarie si aggrupparono ad una certa distanza, dietro una lunga siepe di biancospino in fiore.

Dalla cassetta della prima vettura furono estratte col loro astuccio, due pistole, che furono esaminate, esperimentate e poi caricate dai padrini avversari. Poi furono passate ai rispettivi duellanti.

Fino a quel momento, nessuno di tutti i presenti aveva aperto bocca, come se fossero stati sopraffatti tutti da un angoscioso presentimento.

D’un tratto s’udì la voce del direttore del combattimento, che con laconismo spartano, disse:

— Nemmeno è presentabile od accettabile qualsiasi proposta di schiarimenti e di spiegazioni?... adempio ad una formalità....

I due aversarî crollarono sdegnosamente le spalle.

— Sta bene! riprese il direttore del duello, alla sorte spetta indicare chi debba far fuoco per il primo, a venti passi e successivamente avanzando.

Con voce breve, nervosa, a scatti, riassunse le condizioni di scontro. Poi, la sorte decise che il capitano Mancini