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Il Trombetta, ex-garibaldino, aveva al suo attivo solamente cinque duelli, tutti a lui favorevoli, malgrado che una fortissima miopia lo affliggesse. Era, però, dotato di un sangue freddo meraviglioso.

I due avversari furono messi in guardia tre volte, perchè lo spazio era limitato; alle due prime, il Trombetta, che indietreggiava, fu toccato di piatto alla spalla e al braccio. Alla terza messa in guardia, l’Alberti invitò il Trombetta a tener duro. All’invito, il Trombetta avanzò con un colpo di punta, che ferì il Cognetti al 3.° spazio intercostale, recidendo la vena cava e forando il polmone destro.

Dopo tre minuti il Cognetti spirò, dando sangue per la bocca.

All’alt il Cognetti esclamò: «Io non sono ferito»; e Trombetta: «Ma io non l’ho toccato!»

Trombetta lasciò immediatamente il terreno, ma i padrini vegliarono il cadavere fino a che non giunse un parente dell’Alberti, a cui lo affidarono.

Al duello seguì il processo; il Trombetta fu condannato al massimo della pena: 5 anni di carcere. I secondi assolti.

Pendente l’appello contro questa sentenza, il Trombetta morì per tisi, e non era per anco trascorso un anno dal lugubre scontro.


1872. Conte de M** e l’ufficiale tedesco S**. — Il conte di M** durante la guerra Franco-Prussiana fu assegnato ad un reggimento di dragoni. A Sédan, seguì la sorte degli altri, fu fatto prigioniero; fu tradotto a Glogau, dove restò internato durante tutto il tempo della sua prigionia. Trattato abbastanza male da un ufficiale dell’esercito tedesco, certo S**, il conte di M**, tornato in Francia, non ebbe altro pensiero, tranne quello di provocare il suo insultatore. A questo scopo dette le proprie dimissioni ed appena le ottenne, scrisse una lettera quanto mai ingiuriosa all’ufficiale tedesco, che rispose: «Dopo il vostro insulto vi prego di farmi conoscere il nome e l’indirizzo dei vostri padrini».