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in duello tre uomini, riparò a Brusselle per finire amica retribuita tra le braccia dell’Elettore di Baviera.
Ma ben altre sono le glorie della cavalleresca abitudine di uccidere legalmente il prossimo.
Caduto in disuso il duello giudiziario; proibito con cento gride; colpito da scomuniche, da anatemi e da forche il combattimento singolare, si ricorse al duello alla macchia, costume particolare del mondo moderno, nato e cresciuto sotto il bel cielo azzurro del Reame di Napoli1, perchè quivi, la legge era più indulgente pe’ volgari baruffatori che per i compiti duellanti.
Ed allora, nel seicento, si vide il combattimento singolare, assumere le forme di una guerra in piccolo, con tutti gli orrori di una guerra in grande, con tutte le atrocità e le ribalderie, che alla guerra andavano congiunte.
Dall’abitudine napoletana di combattere alla macchia derivò l’uso di duellare nelle vie dei borghi e delle città, spalleggiati da un numero più o meno ragguardevole di bravi, che uccidevano l’avversario del padrone, colpendolo proditoriamente alle spalle, quando il padrone stava per soccombere, o per rendere l’anima a Dio! Questo nuovo costume di battersi in duello si diceva a Milano: gire in quadriglie; cioè: andarsene, girsene in gruppo alla ricerca di avversari da ammazzare2.
Che gente curiosa, strana, que’ gagliardi vecchi! Fieri, intolleranti d’ogni freno; capaci di ogni nobile azione, come di qualsiasi brigantesca birbanteria, riboccavano di coraggio; e meraviglioso era in loro il disprezzo per l’esistenza!
Che tempi erano quelli!
Il simulacro di una singolare tenzone giustificava ogni sorta di artifizi, ogni specie di malizie, qualsiasi furfanteria. C’erano le botte segrete e le botte nuove, con le quali si spacciavano il marito e il fratello, o il padre della donna rapita il giorno innanzi. E in queste spaventevolissime ucci-