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città è preoccupatissima dell’accaduto, che la civiltà dei tempi ripudierebbe come impossibile, se pur troppo non fosse un fatto».

Povero Monitore! Ci vuol altro che civiltà! Basterebbe che le belle e generose donne filassero diritte sul cammino della fedeltà coniugale...; ma lasciamo lì certi discorsi scabrosi e torniamo al Monitore del 1 marzo 1869.


«Era vero! Il marchese Giovanni Giuseppe Mazzacorati è morto.

«Incontratosi col marchese Pizzardi rimase spento al primo colpo dell’avversario. La palla lo ferì alla tempia a bruciapelo, perchè gli avversari avevano prese le mosse da una distanza di dieci passi e potevano avvicinarsi e pigliar di mira a piacimento. La premeditazione era implacabile, certo furibonda barbarie. La pena di morte fu chiamata un misfatto legale, questo fu un assassinio cavalleresco, se cavalleria è giuocare una nobile vita sul capriccioso volo di una palla.

«Il duello ebbe luogo a Caselvatico, in una villa di Marco Minghetti; la voce pubblica afferma che non ci fu padrini(?), ma testimoni. Strana differenza invero e sottil causistica per assistere senza rimprovero alla tragedia scellerata! Aspettiamo pertanto una relazione che dica se e come a taluno fosse dato di contemplare il truce spettacolo di questa scena di sangue.

«Ripetiamo ciò che abbiamo detto: è inconcepibile che una sfida, di cui tutta la città sapeva da più giorni, abbia potuto aver luogo in tali condizioni.

«Il giovane spento apparteneva, come l’uccisore, ad una delle più distinte e ricche case bolognesi. Dimostrò ingegno operoso e fu in molti studi versato, specialmente nei musicali. Dalla politica fu sempre lontano1; ma nell’ul-

  1. Ecco una nuova conferma della vecchia idea, che la politica tutto corrompe e ammorba!