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ghi, ex-comandante (maggiore) di un battaglione del 22.° reggimento di fanteria.

Il comandante Arrighi, ritenendo che il generale Lavasseur, nella qualità di suo colonnello gli avesse reso cattivo ufficio presso il Ministero della Guerra, prese a nutrire un odio profondo contro il generale; e come la disciplina si opponeva ad una provocazione, l’Arrighi presentò le sue dimissioni, allo scopo di poter mandare una sfida all’uomo, al superiore, cui egli attribuiva ogni suo malanno.

Accettate le dimissioni dal Ministero, l’Arrighi partì per l’Algeria, ove giunto, mandò un cartello al generale.

Appena sbarcato, la fatalità volle che l’Arrighi s’imbattesse col generale Lavasseur.

Sotto l’impulso dell’ira, l’ex comandante assestò una scudisciata al generale, per lo che, uno scambio immediato di padrini fu inevitabile.

L’atto d’accusa a questo punto così si esprime:

«Disposizioni sono prese perchè il duello abbia luogo immediatamente, ma un nuovo ostacolo si presenta. Il generale Lamoricière, informato dell’accaduto, fa arrestare l’Arrighi, ed ordina di riportarlo a bordo di un vapore, che lo riconduca subito in Francia».

Sotto la irresistibile influenza del suo risentimento, il maggiore Arrighi non dubita un momento, che il generale Lavasseur sia estraneo a questa misura di rigore. Una fatalità conduce il generale sul passaggio del comandante nel momento istesso in cui viene condotto a bordo. Allora la provocazione e l’oltraggio giungono al colmo.

La partenza immediata del comandante solamente, può spiegare l’inazione della giustizia; e questa inazione conduceva il generale Lavasseur, che non poteva attendersi alcuna soddisfazione dalle leggi, a ricercare quella riparazione che si procurano, troppo facilmente ancora, i militari.

Chiede un permesso e si reca a Marsiglia.

Il maggiore Arrighi, da lui prevenuto, non tarda a giungervi. Sono immediatamente nominati i testimoni dalle parti, e viene scelta la pistola.

Ma una discussione sorge sulla distanza. I padrini del