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scono almeno quattro esemplari del valore di dieci zecchini, ha grandissima somiglianza con l’analogo pezzo del Doge Silvestro Valier, e si deve quindi ritenere del primo dei tre Mocenigo, ossia di Alvise II che ne fu il successore immediato. In esso il doge è figurato con barba lunga e intonsa e con la destra sul petto (fig. 21) come negli antichi multipli di Francesco Molin e di Francesco Morosini il cui tipo era stato modificato soltanto in questo particolare della mano in quello di Silvestro Valier, al quale somiglia esattamente in tutto al resto del diritto, vale a dire nella figura e nel paludamento del Santo e anche nelle tre rose situate nell’esergo. Il rovescio poi è identico tanto da fare l’impressione che possa essere stato fatto con lo stesso conio.

Ad Alvise IV, ossia all’ultimo dei tre, dobbiamo assegnare il conio che servì a battere pezzi da cinquanta, da trenta, da diciotto e da dieci zecchini, del diametro di mill. 50, che al rovescio ha le stelle a cinque punte invece che a sei (fig. 24), perchè e il disegno e l’esecuzione dell’intaglio lo collegano e quasi lo rivelano uscito dalla stessa mano che operò i coni dei due ultimi Dogi Paolo Renier e Lodovico Manin. Allo stesso Alvise IV dobbiamo assegnare i pezzi, meno numerosi, che al medesimo diritto accoppiano un rovescio alquanto diverso, di tipo forse migliore (fig. 23), nel quale sono conservate ancora le stelle a sei punte dei coni anteriori. E questi probabilmente furono stampati nei primi tempi del principato usufruendo per il rovescio di un conio già esistente; consunto e rotto che fu questo si dovette sostituire con un altro lavorato dall’artefice che aveva fatto il nuovo diritto o da qualche suo allievo. Non si può veramente dire che questo sia più brutto dell’altro, appare forse più duro e più freddo; le stelle dell’aureola sono a cinque punte e le parole della leggenda sono divise