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cando alla baionetta. Questa carica decise la giornata in nostro favore, e i regi furono messi in dirotta. Ebbi qualche perdita ma non fu così grande come quella dei nostri nemici.

Il 21 alle 11 ant. fui attaccato di nuovo. Avevo fatto fare le barricate in tutti i punti. Non avevamo più da lottare contro dei battaglioni, ma contro un’armata.

Gli atti di eroismo dei miei soldati nessuno potrà dimenticarli. Il nemico almeno venti volte superiore, con artiglieria di campagna, artiglieria di montagna, cavalleria, genio, ed altro tutti combattevano contro noi. Per cinque volte riprendemmo le nostre posizioni. Nell’ultima carica alla baionetta eravamo rimasti in pochissimi, uno dei quali Attilio. Il fuoco d’artiglieria incrociato era terribile. Da un colpo di mitraglia fui colpito unitamente a Zavoli primo tenente e Fabbrini tenente.

Debbo la vita al bravo Fabbrini ferito e ad Attilio che non mi vollero abbandonare, e mi trasportarono per mezzo miglio alla prima barricata sotto una pioggia di palle. Feci medicare la mia ferita, e volli tentare di sortire; ma i regi avevano già presa la prima barricata; i soldati rimasti in pochi senza cartuccie, ma alla mia presenza volevano ancora conbattere. Una scheggia mi ferì la gamba, ed allora fui trasportato coll’ambulanza dal vescovo. Il mio battaglione fu quasi distrutto, e pochi furono quelli che si salvarono.

I regi nel dare l’assalto al palazzo del vescovo entrati nella nostra ambulanza non vollero rispettarmi. Due colpi di baionetta potei schivarli, ma il terzo con tutto l’impeto mi ferì allo stomaco e tutti mi credettero morto.

In questo momento alcuni ufficiali regi entrarono ed esposero la loro vita per salvarmi, e così quelle tigri si calmarono. Abbenchè la ferita allo stomaco fosse molto profonda pure nessuno dei visceri fu toccato. Tutte le attenzioni possibili ci furono fatte; e dopo essere bene medicato, fui messo in un carro ed a mezza notte arrivammo in Capua all’ospedale. Caiazzo era tutto in fiamme con saccheggio. Gli ufficiali regi furono umani con noi, ma non i soldati.»1


  1. Nelle Memorie autobiografiche di Garibaldi (Firenze, Barbèra, 1888) a pag. 385 si legge a proposito della battaglia di Caiazzo il nome del Cattabeni scritto inesattamente «il prode Tito Cattabene» invece di Titta.