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nella distribuzione del servizio per lo stato maggiore generale della romana Repubblica, disposta dal Ministro della Guerra Avezzana nell’aprile successivo, alla Seconda Sezione figura fra i tenenti Vincenzo Cattabeni (Monitore romano, N. 34). Per decreto poi del Triunvirato in data 29 aprile, egli trovasi a far parte della Commissione centrale delle barricate, insieme con Vincenzo Caldesi ed Enrico Cernuschi, il quale doveva singolarizzare i manifesti della Commissione con l’ardito suo umorismo meneghino.

Roma, dopo una ostinata ed eroica difesa, sopraffatta dal numero delle truppe regolari francesi, dovè cessare da ogni resistenza. Il generale Audinot entrò trionfante con le sue truppe ma come nemico, fra lo sdegnoso silenzio e il corruccio popolare. Vincenzo Cattabeni era in quei momenti a fianco di Cernuschi, a capo di una schiera di dimostranti pel Corso, portando una bandiera tricolore, che fu poi issata al Caffè delle Belle arti. Avendola i Francesi tolta via, ne nacque, dinanzi allo stesso gen. Audinot, una colluttazione, in cui fu loro per un istante strappata di mano, finchè fu da essi portata alla guardiola della Posta. In quel frattempo i moderati Pantaleoni e ab. Perfetti si avventurarono ad uscire pel Corso in carrozza, non curanti del pubblico lutto e facendo sospettare che quasi si compiacessero della vittoria francese. «Un rappresentante del popolo, narra C. A. Vecchi nella sua Italia (Storia di due anni, 1848-1849, Vol. II, pag. 302) a vederli sì lieti perdette il senno e si gittò loro addosso per malmenarli L’angoscia profonda, quando trabocca, sfiora in follia.» Il Lancellotti nel suo Diario della rivoluzione di Roma nel 1848-49 (Napoli, Tip. Guerrera, 1862, pagg. 186-87), accennando all’assalto di quella carrozza, parrebbe identificare quel rappresentante del popolo, soggiungendo, a proposito del ferimento dell’ab. Perfetti, «dicesi dal figlio di Andrea Cattabeni.»

Allorchè poi il giorno appresso un battaglione di cacciatori francesi, con i moschetti impostati, penetrò nella sala dell’Assemblea in Campidoglio e Quirico Filopanti lesse loro in faccia la protesta in nome della Repubblica romana, tale protesta (come questi posteriormente raccontò in una lettera al Carducci) ebbe la firma, oltre che di lui, di Carlo Bonaparte e