Pagina:I Cairoli delle Marche - La famiglia Cattabeni.djvu/14


— 9 —

Fattosi il Cattabeni, con il prof. Orioli e con Paolo Mazio, vessillifero in Roma dei moderati, ossia dei partigiani di un graduale e non avventato progresso, prese a dirigere il periodico La Bilancia1, il cui programma di benevola ma non servile cooperazione all’indirizzo riformatore di Pio IX, se suscitò aspre critiche, specie da parte dello Sterbini che scrisse La Contro-Bilancia, raccolse anche l’adesione di sinceri liberali di tutto lo Stato pontificio, fra cui Aurelio Saffi, con una lettera notevole, che fu pubblicata nel num. 7 (28 maggio 1847), come contenente «una lucida esposizione dei caratteri in cui deve ragionevolmente informarsi il nostro progresso, e de’ principj che costituiscono la formola e il tipo dell’opinione moderata.»2


  1. Tutti gli storici dicono erroneamente che la Bilancia era diretta dal prof. Orioli, mentre questi ne fu semplicemente, e solo per qualche tempo, il principale compilatore, o come oggi direbbesi il redattore-capo, e il Cattabeni ne fu il direttore responsabile, e con tutta probabilità ne stese il programma (pubblicato a parte in data 29 aprile 1847), che nel primo numero difese contro le critiche degli avversari. A far poi testimonio della purezza e nobiltà de’ sentimenti, che guidava il Cattabeni co’ suoi compagni nell’impresa giornalistica, giovi qui riportare un brano di quel programma: — A’ Governanti, vi si diceva, noi siam devoti pur molto, ma più alla coscienza nostra; di guisa che se, per un impossibile, accadesse, che la podestà imperante sdrucciolasse a operare il male, e se ci paresse uscita dal buon sentiero, per patito errore, da non potervi essere ricondotta, e da non permettere alla parola nostra rispettosa di dargliene pur cenno d’avviso, sapremmo allora tacere per ultimo divisamento, ma non adularla mai, nè, per piacerla, dargliene lode. Laonde, allorchè approvazione uscirà dalla penna nostra, ciò avverrà sempre dentro la misura da noi creduta di verità e di giustizia, e con un fine principale d’utilità pubblica, non già privata. Nè ci vogliamo interdetta quella onesta libertà d’esame, che la nuova legge del 15 marzo pur consente, e che al Governo è assai più profittevole d’ogni servile abitudine d’elogio. E tanta abbiam fede nel cuore integro ed immacolato dell’immortale Pio IX, che, unicamente ciò facendo, stimiamo essere per piacergli, come che non è questo piacere la sola nostra polare stella... Imperocchè s’esser potesse, quel che certamente non può, vale a dire, se ciò potesse dispiacere in alto luogo (e ci par grande bestemmia il dirlo, pur supponendolo, con temerità, per un istante), noi meglio ameremmo dispiacere ad altrui, sedente in sommità, che alla coscienza nostra; e niuno è di noi che non si sentisse la forza di rispondere in ogni caso estremo: — «Conducetemi o riconducetemi alle latomie.»
  2. Questa lettera del futuro triunviro della Repubblica romana, dai redattori della Bilancia allora qualificato «giovane maturo di senno e di studi economici», non figura nella edizione degli Scritti e ricordi del Saffi, fatta a cura del Municipio di Forlì. Noi crediamo opportuno riprodurla in appendice, perchè ci pare un documento interessante dello stato degli animi dei liberali; anche i più pronunciati, in quel primo periodo del pontificato di Pio IX.