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trovare indulgenza, malgrado il suo contegno dignitoso, come io ho potuto rilevare nelle carte processuali (Archivio di Stato di Roma), ed essere in seguito ammesso ad esercitare la sua professione di ingegnere di acque e strade.

Se nel rivolgimento del 1831 Francesco Cattabeni, allora a Porto d’Anzio, partecipò solo col cuore, non così avvenne del fratello Avv. Andrea. Nominato rappresentante di Senigallia all’Assemblea delle Provincie unite, egli fece parte di quella Commissione che elaborò il progetto di Costituzione provvisoria, promulgata il 4 marzo di quell’anno. (Tivaroni. L’Italia durante il dominio austriaco. Tomo II, pagg. 187-88). Ma parte ben più segnalata Andrea Cattabeni doveva prendere al movimento patriottico dopo che nel 1846 fu assunto al trono pontificio il suo concittadino ed antico compagno di studi Giovanni Mastai, che parve sul principio destinato a far epoca nella storia dei papi e a realizzare il sogno del Gioberti e le esulcerate speranze degli Italiani.

In quell’esperimento costituzionale e liberale del papato, in cui, fin dall’atto primo dell’amnistia, fu così cospicua e caratteristica la cooperazione delle più elette menti marchigiane, il Cattabeni si gettò con tutto il fervore. Andato a Roma con la Commissione senigalliese per congratularsi col nuovo Pontefice, Pio IX lo fece rimanere per averne consiglio, ed egli lo incoraggiò sulla via delle riforme. Il D’Azeglio, colà giunto nel febbraio 1847, lo ebbe intermediario per abboccarsi col Papa, e così ne scrisse in una lettera al Balbo, che, sebbene senza data, deve presumersi del 14 di quel mese: «Sono arrivato a Roma lunedì sera. La mattina dopo mi venne a trovare persona per parte dell’avv. Cattabene, allevato col papa e suo amico, e mi disse che bisognava combinassimo col detto avvocato, il quale doveva comunicarmi che il Papa voleva vedermi. Conobbi l’avvocato, che mi espresse quelle ottime disposizioni di Sua Santità, etc. Questo avvocato è un ometto sulla cinquantina d’anni, intelligente, buono ed aperto. Mi è piaciuto assai e dice che gli son piaciuto anch’io e siamo divenuti amiconi...» 1


  1. Questa lettera che il prof. Giuseppe Cimbali riprodusse, come cosa inedita, nel Giornale d’Italia del 12 novembre 1905, può leggersi a pagg. 268-73 del libro intitolato Lettere di Massimo d’Azeglio a Giuseppe Torelli con frammenti di questo in continuazione dei Miei ricordi pubblicate per cura di Cesare Paoli (II ediz.). — Milano, P. Carrara, 1870.