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non se extolli la via prenestina per la Gordiana structura. Et ad questo eximio columnato ceda le sue ducento columne Numidice, Claudiane, Simiade, et Tistie di aequale numero divise. Quale marmori, quale scalpture, ove mirai le virtute Herculane in petra luculea Semidivulse mirabilmente exscalpte. Exuvie, Statue, Tituli, et Trophoei, mirificamente coelati. Quale Propyleo, o vero vestibulo, quale regio portico. Ad questo debitamente ceda Tito Caesare cum le sue petre phoenicie speculabile, et terse, tale et tanto che exile qualunque foetoso ingegno se damnarebbe volendolo narrare, accede ancora la dignitate della fenestratione et della conspicua porta, et del nobilissimo Podio, lo egregio expresso dill’arte aedificatoria. Non meno excellente vedevasi il miraveglioso soffito bellissime lacunato, cum lacunule tra la undiculatione intecta di fogliatura, quadrate et rotunde insepte. Cum exquisiti liniamenti decorati, di puro oro, et Cyaneo coloramento deaurati, et elegante depicturati. Perdase quivi qualunque altro mirando aedificamento. Essendo hogi mai all’apertione della spectabile porta pervenuti. Ecco che l’era serata la Itione di una iocunda et mirabile cortina intercalare extenta, tutta di filatura d’oro, et di seta ritramata et contexta, cum due imagine dignissime. L’altra di esse, cum omni instrumento apto ad operare circundata. Et una cum il virgineo volto sublevato, il coelo intentamente considerava. La formositate delle quale non immerito me dehortava che cum peniculo (quantunque del praeclaro Apelle) si potesse agiungere. Quivi le faconde et pervenuste et lepidissime comite, ciascuna la sua dextra giunseron benignamente cum la mia volendome introdure et acceptantime dicendo, Poliphile questo è l’ordine servabile, per el quale intrare si convene alla veneranda praesentia, et sublime maiestate della Regina nostra. Questa praecipua et primaria cortina non si concede d’intrare a niuno, sencia recepto di una simplice et vigilante damigella ianitrice, Cinosia chiamata, et questa sentendo il nostro advenire subito se appraesentoe, et urbanamente dimovete la cortina. Et nui intrassimo. Quivi era uno spatio intercluso, et per un’altra velatura diviso, di artificio et compositione nobilissima, et di omni tinctura variata. Nella quale erano signi, Formature, piante, et animali di singulare ritramatura. In questo loco al nostro adventare, una similmente curiosa donna se fece immediate ad nui, Indalomena nominata. Et ingenuamente il suo Sipario reserato, fussemo introducti. Ancora et quivi era uno aequale intervallo, tra la seconda et una tertia cortina, molto eximiamente, cum discorso et ragione, mirabilmente contexta, et de infinite ligature, et retinaculi, et di instrumenti veterrimi di harpagare et mordacemente retinere vermiculatamente f iii