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ritrovasse praesente, che ne faresti? Quello hera mia resposi che alla sua pudicitia si convene, et ad vostre dive praesentie digno fusse. Dimi Poliphilo gli porti tu grande amore? Sopra la vita mia Heumè suspirando dissi. Oltra tutte le delicie et sopra tutte le divitie di qualunque thesoro dil mondo pretiosissimo, io porto quello nello incandente et cremato core servabile transfixo. Et ella. Dove l’ai tu (tanto cosa dilecta) abandonata? Io non intendo, et dove io ancora me sia non so. Disse surridendo, et si alcuno ti la trovasse che indicina gli daresti? Ma sta cum laeto animo et dà opera a piacere, che la tua dilecta Polia la ritroverai. Et cum queste gratissime et simigliante parolette, le placidissime et lepidule puelle, cum molti solatii se lavorno et io. Ad opposito interstitio dilla conspicua fontana di fora dilla dormiente Nympha intro il bagno era un’altra di statue di optimo metallo artificiosamente facta, cum nitore aureo speculabile. Le quale erano infixe sopra uno marmoro in quadratura excavato, et in frontespicio reducto, cum due semicolumnule cioè emicycle. Una per lato, cum il trabetto, zophorulo, et coronicetta, nel solido della unica petra inscalpte. Questo composito praeclaro offerivase quale di tutta l’opera el risiduo tutto, cum eximia arte et invento myrificamente absoluta. Nel cavo intersectio, overo nel intervacuato della dicta petra due perfecte Nymphe astavano, poco che ’l naturale meno grande, fino sopra le crure devestite, ove cedeva la divisione de la superinduta interula, alquanto volante per el moto del suo officio. Et gli brachii similmente nudati, dal cubito ad le spalle excepto. Et sopra el bracio che el puerulo susteniva, era lo habito sublevato reiecto. Li pediculi del quale infantulo. Uno in la mano dela una, et l’altro de l’altra mano de la Nympha calcavano de tutti tre li vulti ridibondi et cum l’altra mano le Nymphe dimovando le lacinule del puellulo fina al suo cingiere overo umbilico discoprivano. Et el fanciullo cum tutte due le mano el membrulo suo teniva. Il quale dentro alle calde aque mingeva (tepidantile) aqua freschissima. In questo delitioso et excellentissimo loco io era per tale conditione tuto soluto in gaudio et contento, ma interrotto el praecipuo piacere degli sentimenti, solamente perché tra esse contentibile et tra tanta albescentia, et rore concreto in pruina, quasi aegyptino et melancochro me vedeva. Una de queste dunque nominata Achoé, affabilmente mi disse surridendo. Poliphile nostro, togli quello vaso de crystallo, et portami quivi poco di quella aqua recente. Sencia morula affectando, et senza altro pensiculare, si non che gratificandome, et non solum promptamente obsequioso exhibendome, ma etiam lixabondo per compiacerli, praesto io andai. Né più praesto uno pede posui sopra uno grado per farme all’aqua cadente, che il mengore levoe il priapulo, et nella calda facia trassemi l’aqua frigidissima, che quasi in quello instanti me congenulai indrieto. Per la quale cosa tanto riso acuto et foeminile sotto la obtusa cupula risonava, che ancora io incominciai (in me ritornato) fortemente di ridere che me sentiva morire. Daposcia io conobbi la deceptione dil artificio peritissimamente