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ELEUTERILYDA CONDUCTO, VIDE PER LA VIA, ET AL PALLATIO COSE EGREGIE ET UNA EXIMIA OPERA DI FONTANA.

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ECEPTO AFFABILMENTE ET DALLE pietose Nymphe summamente assicurato, et tutto dalle blandivole puelle confortato, et gli infugati spiriti non mediocre recentati, al tutto che esse coniecturare valeva grato et piacersi, volentera prompto exhibendome, licentemente familiare et deditissimo me exposi. Et perché haveano alabastri diapasmatici, et vasculi smigmatici d’oro et di petre fine, et lucenti speculi, et aurei discerniculi nelle sue delicate mano, et candidi velamini di seta plicati, et balneare interule offerentime portitore, recusabonde mi disseron. Che il suo accesso ad questo loco era perché venivano al bagno. Et immediate subiunxeron. Volemo che cum nui tu vengni. Il quale costì dinanti è, ove funde una fontana, non tu quella vedesti? Io riverentemente risposi, venustissime Nymphe. Si in me mille et varie lingue si ritrovasseron, io acconciamente non saperei rendere le demerite gratie, et rengratiare tanta domestica benignitate, imperoché opportunissimamente vivificato me havete. Dunque non acceptare tale gratioso et Nymphale invitatorio, rustica viltate si reputarebe. Et per tanto cum vui più praesto me foelice aexistimeria essendo servo, che altronde dominare. Il perché quanto coniecturare posso inquiline et contubernale siate di omni dilecto et vero bene. Dovete sapere ch’io vidi la miravegliosa fontana et cum solerte senso speculata, più praeclara opera che ad gli ochii mei unque se repraesentasse confesso et affermo. Et tanto l’animo mio solerte occupai illecto circa di quella intentamente riguardantila, et ingluviamente bevendo, la grave et diurna mia sete salubremente extinguendo, che più oltra expiare non andai.

Respose una lepidula placidamente dicendo. Dami la mano. Hora si tu sospite et il bene venuto. Nui al praesente siamo cinque sociale comite come il vedi, et io me chiamo Aphea. Et questa che porta li buxuli et gli bianchissimi linteamini, è nominata Osfressia. Et quest’altra che dil splendente speculo (delitie nostre) è gerula, Orassia è il suo nome. Costei che tene la sonora lyra, è dicta Achoé. Questa ultima, che questo vaso di pretiosissimo liquore baiula, ha nome Geussia. Et andiamo compare ad queste temperate Therme, ad oblectamento et dilecto. Diqué brevemente ancora tu (poi che la propitia fortuna tua quivi è caduta) venirai cum nui laeta-

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