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Trabetta, Zophoro et Coronice. Sopra la quale ancora era adiuncto uno quarto dil quadrato, condemnato per il frontespicio. Omni liniamento nudo di ornato dil proprio et unico saxo, se non che nel angulare aureola, overo piano dil frontespicio, vidi una strophiola. Due columbine in uno vasculo bevendo continente. Poscia tutto il spatio incluso tra le columnule, gulatura et trabe, intervacuo et excavato retinia una elegante Nympha interscalpta. Et sotto la Sima era l’altro quarto. Il quale nel pedamento undulava cum Thori, Torque, et Scotie, et Plintho.
La quale bellissima Nympha dormendo giacea commodamente sopra uno explicato panno. Et sotto il capo suo bellamente intomentato et complicato in pulvinario grumo era. Et una parte poscia del dicto aptissimamente fue conducta ad coprire, quello che conveniente debi stare caelato. Cubendo et sopra il fianco dextro, ritracto il subiecto brachio cum la soluta mano sotto la guancia il capo ociosamente appodiava. Et l’altro brachio libero et sencia officio distendevasi sopra il lumbo sinistro derivando aperta al medio dilla polposa coxa. Per le papule (quale di virguncule) dille mammille dilla quale, scaturiva uno filo di aqua freschissima dalla dextera. Et dalla sinistra saliva fervida. Il lapso d’ambe due cadeva in uno vaso porphyritico, cum dui recipienti inseme coniugati in uno solido. Dalla Nympha pedi sei separati et distanti, dinanti a questo fonte sopra uno lapideo silicato compositamente collocato. Tra uno et l’altro degli recipienti, era uno alveolo intersito nel quale le aque se adversavano, incisi gli lymbi sui nel mediano di uno et dil altro recipiente, ove faceano le aque il suo obvio. Le quale aque commixte poscia in uno aquario sulco, overo rivoletto lapse emanavano. Diqué l’una per l’altra poscia temperate omni virentia facevano germinare, la fervente tanto alto saliendo, che essa ne l’altra, non impediva nocua, a chi le labra poneva alla mamilla, dextera, a ssuchiare, et bevere né al transito.
Hora questa spectatissima statua l’artifice tanto definitamente la expresse, che veramente dubitarei tale Praxitele Venere havesse scalpto. La quale Nichomede re degli Gnidii comparandola (come vola, la fama) tutto lo havere dil suo populo expose. Et quanto venustamente bellissima lui la expresse, tanto che gli homini in sacrilega concupiscentia di quella exarsi, il simulachro masturbando stuprorono. Ma quanto valeva aestimare dritamente arbitrai tale imagine mai fusse cusì perfecta di celte, overo di scalpello simulata, che quasi ragionevolmente io suspicavi, in questo loco de viva essere lapidita et cusì petrificata.
La quale alquanto teniva aperti al respirare gli labri accommodati, ove quasi giù vedevasi nel iugulo excavato et perterebrato. Dalla testa poscia le so-