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ligantime, suadevami cum ferma et adulatoria speranza quello per l’avenire amorosamente et adoria conseguire, che immaturo morendo arbitrava dolorosamente perdere. O quanto extremamente me cruciava. Non recusava però ad qualunque subulliente et novitio accessorio d’amore. Che di novo nello perpesso et occupato core suppurando se ricentasse. Et pertanto da quello, omni obstaculo dissuasibile excusso, et summoto qualunque obice, peculiarmente gli donava speciosa apertione et lato et patente ingresso.

Dunque per l’alma luce essendo alquanto consolato, et reassumpti in me gli smariti et renunciati spiriti, et restaurata pianamente la prosternata forcia, il mio sospeso et invio camino et fuga recto reniso exhortava. Perché ad quella più appropinquandome multiplicarse la cerniva. Alla quale finalmente comitante il coeleste volere, et Polia dilectissima nel amoroso pecto vigorosamente dominante, perveni solicito. Ove gli Dii demeritamente benedicendo, et la obsequiosa fortuna et la mia auricoma Polia, trovai largo exito, et d’indi festinamente uscendo, et al fugire incitatamente unquantulo non prestolante. Et gli brachii già intenti per vitare la offensione degli crassissimi piloni al praesente opportunissime remige al fugire se percommodavano. Et d’indi enixo Sospite, perveni in uno gratissimo Sito et regione. Nel quale territo ancora per lo horribile monstro dubitai dil optato sedere et affermarme, tanto nella mente quello havendo impresso, che continuamente et sencia intervallo ad spalle quello pensava sentire. Et per tale cagione, tanto terrore non potea io sì praesto d’indi cusì facilmente dissolverlo né dislocare. Diqué iustamente ancora me insequente fusse dubitando arbitrava. Et etiam per multiplice suadele d’intrare et procedere era agitato. Primo per la amoenitate dil bellissimo loco, poscia il disconcio animo stimulante di praestamente fugire. Et praecipuamente cupido sempre mai di videre et trovare cose unque per aventura tra gli mortali consuete. Aequalmente tali respecti me provocorono omni modo d’intrare, et quanto più potesse ultra procedere et islungarme da lo exito. Ove potess’io in loco tutto quietamente tranquillarme et reserenare la mente mia, et di ponere in oblivione il transacto pavore, nella retinente memoria non ingrato soccorrendo nell’adito dilla porta la apparitione dil candido Sorice. Et questo ad inanimarme assai exhortabile suscitabulo accedeva, perché sempre grato fue negli auspicii et propitio et bono Omine.

Dunque suadevami opportunamente di dare opera di riservarme alla benignitate dilla fortuna, che alcuna fiata mi fia munifica et capillosa ministra delle cose prospere et secunde. Et per questo coacto et compulso movendo uno pauculo più il pigritato camino, et per le fesse et