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le lingue vibrante cum le pectinate maxille di pontuti et serrati denti stridente, cum la corpulentia di squammeo corio, labente sopra lo ostracato pavimento scorrendo, cum le ale verberante il ruvido dorso, cum la longa coda lapsi anguinei, grandi nodi strictamente inglobava instabili. Omè moribondo da spaventare il Belligero et loricato Marte, et di far trepidare il terribile et alexicaco Hercule, cum tutta la sua torosa et molorchia Clava. Et di rivocare Theseo dalla tentata impresa, et dal temerario incepto. Et da perterrire il gigante Typhone più che gli superni Dei non fureno perterriti da lui. Et da perdere qualunque hirsuto, obstinato, et impenetrabile core, quantunque mai si fusse. Heu me da ritrahere il coelifero Atlante dal suo officio, non che homo adolescente et micropsycho, et tra lochi incogniti solo inerme et sospectoso di periculo ritrovantise. Et avidutomi che egli era fumivomo di tetro fiato, et exitiale come dritamente suspicava, diffiso di qualunque vasura, et di campare il mortale periculo, sencia quasi spirito, nel pauculo animo, ciascuna divina potentia tremendo et perterrefacto divotamente invocai.

Et sencia mora converse le spalle nella obscuritate intrando, alla presta fuga me commisi, referendo solicitamente per fugire, gli già incitati pedi. Cum summa pernicitate inscio nelle interiore parte dil tenebricoso loco acupedio penetrando, per diverse et oblique rivolutione et ambage di meati perfugendo.