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gnitudine dille Memphitice Pyramide gli scriptori, più diffusamente harebbeno scripto di questa. Et neglecto gli famosi Theatri, et Amphitheatri, et Therme, et Aede, sacre et prophane, et Aquaeducti, et Colossi, il miraveglioso et di stupore pieno Apolline da Lucullo translato. Et Iove a Claudio Caesare dicato, et quello di Lysippo ad Tarento, et il miracolo di Care lindio ad Rhodo. Et di Xenodoro in Gallia, et in Roma. Et Serapi colosso de nove cubiti di Smaragdo incredibile facto. Et il famoso labyrintho di Aegypto. Et la solida statua di Hercule in Tyro, harebbe praetermesso, et accommodato lo eloquio suo iocundissimamente praedicando, questo summa cum laude scripto sopra tutti mirabilissimo, quantunque che inextimabile spectaculo si praestasse nel delubro dil magno Iove lo Obelisco di quadrageni cubiti, di quatro frusti compacto, in uno fronte quatro, et nell’altro dui cubiti.

Insaturabilmente dunque speculando mo una mo l’altra bellissima et molosa opera, tacitamente diceva. Si gli fragmenti dilla sancta antiquitate et rupture et ruinamento et quodammodo le Scobe ne ducono in stupenda admiratione, et ad tanto oblectamento di mirarle, quanto farebbe la sua integritate? Et cusì ancora cogitai fra me ragionevolmente, forsi negli penetrali è la veneranda Ara degli mysteriosi sacrificii, et sacre fiamme, overamente la statua dilla Divina Venere, overo il suo sanctissimo Aphrodisio, et dil suo arcigero et sagittante filiolo, et cum divota veneratione il dextro pede posito sopra il sacrato limine obvio mi occorse dinanti uno fugaculo et candido Sorice. Di subito sencia altro pensare curioso, cum scrutarii ochii nell’aperto laxamento et lucido adito alquanto intrato, ad me cose digne di aeterno respecto sa praesentorono. Quivi al dextro et sinistro lato, di expolitissimi marmori era il tabulato pariete. Dil quale nella mediana parte dil alamento era impacta una grande rotonditate, inclaustrata di circuitione d’una frondosa gioia cum egregia associatione di caelatura. Il quale (simile all’altro per opposito) era di petra nigerrima, al duro ferro contentibile di nitore speculabile. Tra gli quali (di essi disaveduto) facendo transito, fui dilla propria imagine da repentino timore invaso. Niente dimeno, da uno inopinato piacere fui retemperato. Perché in quelli se offeriva chiaramente el iudicio dille historie di musea operatura spectabilmente depincte. Et nelle ambe parte inferiore sotto gli illustri speculi erano longitrorso lapidei sessorii. Il pavimento netto et di polvere mundo, lavorato di novo et gratioso Ostraco. Et cusì ancora il colorato suffito era immune di textura dil improbo Araneo, perché ivi continuamente traheva spirando freschissima aura, gli tabulati parieti sotto del ligamento giungea. Il quale ligamento di subtilissimo concepto, dagli capituli dille drictissime ante se extendeva, fina all’extremitate del dicto adito. Longo quanto ad ar-