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cum gli mei longissimi capilli evulsi in signo di perfecto et fervido amore et che al collo suo appendice il portasse io li mandai. Per la quale cosa essendo Amore cum duratrice firmitudine nel mio abstemio et illibato pecto cum più forte fiamma d’omni hora fermentantise. Et solamente ad gli novelli vulneri servava la mente occupatamente inclaustrata, et al gratioso Poliphilo indissolubile ligata. Della quale esso già mio signore sopra tutti electo, et unico successore del mio inamorato core. Et cum perhenne nodulo, et aeterno stabilimento strictissimamente conlaqueato. Et ad gli dolci cogitamenti tutta disponentime, et gli perditi dilecti reintegrare, al recente amoroso. Per l’amore del quale hogimai excludendo omni rigidecia, et postponando omni austeritate, et humanato dolcemente omni ferino et dispiacevole animo. Et convertito in una fornacula il rigente pecto di incenso amore, et remutati gli silvatichi et atroci costumi im mansuetissime dispositione, et di timida, magnanima, et di freda, fervida, et di vergogniosa, incauta amante tramutata. Et immutati gli dedigniosi odii in amori inseparabili et longaevi affecti. Et la momentaria et vaga mente facta immutabile. Et della cosa inexperta, summamente desiderosa me ritrovava. Et tuta di extremo amore in solatiosi oblectamenti risoluta me sentiva. Et lo operosissimo Cupidine di hora in hora successivamente acervare uno bindato et cieco disio di piacere experiva, et una congerie di sagittule certatamente penetrabonde l’alma cum maxima voluptate susteniva oriunda dall’amatissimo Poliphilo, dal continuamente pensare dil quale non valeva l’alma mia sequestrare, perché ivi intrusa comprehendeva incredibel dilectamento. Per questi tali accidenti già inclinata, et nelle extreme legie d’amore avida demersa, cum la vigile et degulatrice, et furace imaginativa, operava quello cum esso absente, che presentialmente non poteva, né sapeva. Ma nel Cubiculo mio sola sedendo circumvallata de insueti accendimenti. Ecco che io vedo repentina et inopinatamente fora ussire delle aperte fenestre cum grande vehementia, et impetuoso strepito et terrore, uno Vehiculo tutto di Crystallino giazo, tracto da dui candidi et cornigeri cervi, incapestrati cum cathenule di livido plumbo. Sopra il quale sedeva una irata Dea coronata di una strophiola di Salice Agno cum uno arco disfuniculato, et cum la inane Pharetra in me dimonstrando terricoso aspecto, et di furore incandente di volere usare crudele vindicta. Subitamente retro questo un altro sequiva, quello fugabondo tutto di corrusco foco, da dui candidi Cygni invinculati di funiculi d’oro. Sopra questo triumphava una potente et Diva Matrona, cum la stellata fronte instrophiata di rose. Et seco haveva uno pennigero puerulo, cum