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ella egressa della Camera sola rimansi. Et quivi scrupulosamente ricogitava ruminando gli dicti utili, le calide et trutinate admonitione, gli manifesti et terricosi exempli, optimamente havendo tacta quella parte, che me contumace, et saeva ribellante drictamente damnava, et dalle coeleste ire acremente punienda. Diqué quelle io territa desiderando al potere mio vitando de fugire, et libera da questo scrupulo evadere, mi vene in mente (ignara da quale cura coeleste ducta) l’amante Poliphilo, il quale sapeva che per mia impia feritate, nel sacro Tempio amaramente della sua gratiosa vita se spolioe. Amore dunque artificioso in questo primo moto trovando alquanto aditiculo di ingresso, inseme cum accensi suspiruli, paulatinamente incominciò a penetrare lo interdicto loco. Et cum le sue prime dulcicule facole, nel duro et torpente core quietamente nidulantise, se collocoe. Et già sentendo una piacevola flammula discorrere et dilatarse per le cordiale parte, et fina all’intima basi dil mio inexperto core, et di nutrirsi dal consenso principiantise, uno incentivo et suave desiderio, d’intrare vigorosa, et intrepida sotto alle legge amorose del Solatioso Cupidine. Et più di non volere ad gli amorosi dardi praestarme obstaculo, né extraria. Et essendo hora cum prompta deliberatione, pensava ancipite varii occursamenti et dispositione della variosa sorte, et multiplice fine intersito solo per questo dolce Amore, et lo industrioso et tenace memoraculo, per questo nella mente mia subullivano le paurose vindicte di Iunone rapraesentando, le quale fortemente me terrivano. Considerando poscia della dolente Phyllide, quando essa per il caeco Amore del tardo Demophonte, le sue delicate carne vidde expressamente delle dure cortice et ligniscente coprire. Et la incontinente et succensa Didone veddo simulacrata nella mente mia, che cum il funesto dono del figliolo di Anchise caecata et in furia versa occiderse. Et della mentitora Stenoboea per lo Inclyto adolescente Bellorophonte perire. Daposcia accede Scylla figlia di Niso Rege di Megarensi, cum efferato animo impulsa, da immoderato Amore del rege di Creta, ill’aureo capillo del paterno capo tondente, non sequitoe altro mischina effecto, che malamente interire. Et similmente di quelli dui Ingenui Egyptii, non veddo se non la obscura morte del suo ardente affecto. Et Ecco per lo infructuoso filio di Cephiso, che gli intravene? O me trista et dolorosa me, lo indebito amore di Biblide, et della lachrymabonda Dryope. Et la iniusta appetentia della piangente Myrra, che hebbe di Cynara. Nyctimene figlia di Nycteo, essa cum scelerato amore del coniugamento paterno ardescente, se vidde poscia in nocturna avicula, et inimica della pretiosa luce et perfuga. Ancora la calida Menthe per il patre di Proserpina in aromatico holusculo fue immutata. Et della