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et decepta del suo effrenato desio. Riconobbe in sé ritornata la sua infoelice sorte, della sua mala obstinatione pudita. Et duramente non tanto del fastidioso et nauseato vechio, et infructuosa copula, ma del trapassato et negleto, lo irrecuperabile tempo, inutilmente dispensato, dalla sua infantia fina a quella hora supremamente dolentise. Il quale ella mai sapeva, che hogimai non sperava per alcuno modo et pretio potere rehaverlo, né reaquistare, cum maximo doloramento se contristava. Et ultra questo, al male suo, era mortale accessorio, pensando delle altre foelice, et contente coniugate, et frequente venendo in mente imaginantise, di quelle che iacevano, negli dolcissimi amplexi, degli sui optatissimi amanti, et degli amorosi et delectevoli solacii, et degli sui consumati appetiti et desii, como ella arbitrava stimulante la procace natura, et il scoelesto et scelerato amore. Ella in sé finalmente ripresa, et in ardente invidia rumpentise, et nella mente sedula repetendo la intollerabile et tediosa superbia dello odioso vechio et della dolorosa vita sconsolata infastiditose, se misse ad ungiare, et granfiare la facia, et il pecto cum le palmule saeviente converberare, truncata ogni speranza inundante lachryme resoluta. Et gli facili ochii in più amari pianti di Egeria convertiti, niuna cosa grata, niuna appetibile, ogni cosa ingustabile, si non la improba morte, et desiderare lo accelerato fine che fece Yphi. Onde di qui naque uno rabido furore de se medisima morosa, et crudelissima carnifice concreto, tolse clanculo uno atro dì (il marito di ciò disaveduto) uno tagliente et cultrato ferro, come conscia malefica, incompote degli sui disii, et fracta ogni fiducia, de sé nemica mortale effecta, consentiente al furioso concepto usoe horrenda et spaventosa vindicta. Et incoronata di funesta Smilace et di fronde di Ostria, sé per medio il tristo core impiamente (avocate le infernale et luctifere Furie) (O facino inaudito) tutto transfixe il nocevolo ferro. O misera et afflicta me si in questa mia aetatula (che gli superi me liberano) tale infortunio, como di te acadere potrebbe, per qualche simigliante offensa, io me morirei avanti il tempo da dolore, et da tristecia accellerando il supremo claustro della vita mia. O me, chi sufficientemente valerebbe dunque ad questa horrida, infoelicissima et urgente tempestate, et misero interito della recensita donna, et la mia calamitate in genere, in amplitudine, in pondo, et asperitate, habilmente poscia assimilando comparare? Quali obvii di umbre, di Lemuri, di Mane, di Larve, quali nocturni occursaculi, quali di Demoni formidamini, unque più noxii, et horribili ad me incursare potreboron? Si questi dolorosi ochii vedesseron qualche tuo sinistro, et damno? Dunque Polia figliola mia, et sperancia mia dulcissima, attendi cum l’animo erecto, et unito, la ira inevitabile degli Dii o tempestiva, o cum tarditie sole infallibilmente vindicte fare consimile, quale per sua ispiasevolecia vene ad Castalia, da C ii