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amarissimo pianto consecrabondo. Omè dolorosa et infelice, in che calamitate son implicita et intricata, in che stato me trovo, non vaglio explicare, chi unque vide la subdola fortuna, cum sì maligno et atroce aspecto? che debono per tale modo (O sancta domina Diana a cui servo) queste mie femelle et virginee carne impietosamente mactate et consumpte? Et il fiore della mia piacevole aetate, in questo dumoso et silvestrico nemore perire? Et cum tanto cruciato et saevientia la dolce vita finire? Hogi mai le feminile virtute sento detracte, il spiritulo caro dil suo loco fugirsine, et d’indi quasi dimoto a questo passo, omè omè amaricatamente plorando, cum uberrimi rivuli di lachryme (Humore peculiare sencia fallo foecundo et parato) riganti la facia, et il pecto madefacto, le mane disperata nella flava capillatura puosimi, cum odio del mio ornato, et sparsi gli crini illachrymava, et il bellissimo volto, cum le infeste ungue russando foedava. Et ultra mensura tribulantime, et affligentime, questo al mio grave dolore incremento accedeva, di non potere exaurare gli angustiosi lamenti et gemiti, et in tanta affligente et perdita sorte, et in tante cruciabile poene, non possi reserare il claustro del mio dolore, nel core impaciente di più continere sé. Et molto più che non era modo ch’io valesse investigare, questo turbulentissimo caso, et che inadvertente cum innoxia vectura deportata, pavida et trepida deflente, me ritrovasse illaesa, et sencia più sperare in quel medesimo loco, ove fui rapita et asportata. O me caelite Nymphe cogitate quanto alacre et contenta me ritrovai, non se presti alcuno intellecto di explicare, et alienata la mente mia del compassionabile caso (ch’io poco teniva) del miserando Poliphilo exanimato. Perché dalla vexata memoria terso et abraso in sé non lo servava. Ma solamente alle devorate fanciulle et impiamente occise, et asperrimamente stentate, teniva occupata et implicita la mente mia, et ad tanto iniquissimo carnificio. Non trovando prohibitione ad gli singultanti et crebri sospiri, né di sedare l’angustiata mente apto modo, a mala poena sequestrate le fluente lachryme, tandem io ritornai, non più viva che morta alla optata et secura mansione, la occorsa immanitate tacitamente succensendo nel core repetibile. Et l’ardente Phoebo incominciando il rotondo dorso del suo pernice et volante Pyroo et Ethon alla Hesperia ad dimonstrare, et gli crini d’oro nel croceo splendore ritingendo, il sereno coelo incominciando le irradiante stelle ornatamente a dipingere, et alle lunge et diurne fatiche, già