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divino ad gli ochi mei spirando scorse, che ambi dui da extrema dolcecia excitati, et da novello et da tanto diutinamente concupito piacere impulsi et velitati, cum divoto timore inseme quasi in extasi rimansimo. Per la quale cosa cusì ritrovantime incomminciai pur ragionevolmente expaventarme alquanto dubitando dilla visione in la valle Gargaphya che hebbe il filio di Aristeo, in uno momento maraveglia et terriculo mi misse. In medio la divina Venere stavasi nuda nelle perspicue, et limpidissime aquule insino supra ad gli ampli et divi fianchi. Le quale non crasso, non gemino, non disfracto, non breve il cythereo corpo reddendo, ma integerrimo et simplice, quale era cusì in ipso perfectamente se cerniva. Et circumcirca all’infimo grado suboliva uno spumamento che referiva olido musco. Cum tanto numine trasparente il divino corpo, cum praecipua perspicuitate quella maiestate et venerabile aspecto obiectantise. Quanto pretioso et corruscante carbunculo agli solarii radii fulgura. Cum facteze et mirando composito tra gli humani né viduto né unque meditato. La quale havea, o quanta cum venustate la sua obaurea caesarie amoena et delicatamente compta, supra la lactea et candifica fronte concinnamente irriciatula et concrispulata cum erranti, et inquietuli vertigini, che di extendirsi erano capreolamente impediti. Et dalle rosee spalle, da bellissime undicule alla sua libera effusione decoramente prohibiti. La facia rosea nivante. Gli ochii syderei et luminosi cum amoroso, et sanctissimo obtuto.Le melule gene purpuree. La bucca angustula et purpurissimamente coralicea. Domicilio et praediolo di qualunque fragrante germine. Il pecto più che niveo thesaurizato, cum due tuberule mamillule omni inclinatione reluctante. Il corpo eburissimamente glabello. Divini sembianti. Ambrosio immo di moscamine spirante spirito. Il capillamento decorissimo poscia quale tenuissimi fili aurei syrmati, supra le purgatissime aque, non summergibili, ma in gyro sparsi longissimi supernatabuli. Nel ostento aemuli dil comoso Phoebo nel sudo Olympo, gli illuminanti radii irradiante. Et supra li torcularei crinuli parte dilla venustissima fronte, cum densa sobole et spiroso cumulamine praenitendo anteventuli et umbriculariamente contegenti fina alle exigule aure. Dalle quale pendevano due ostentose margarite, quale ad essa nel Pantheon il dissecto Unione a Roma non pendeva. Né mai tale produsse la Taprobane insula di candore conspicue, ambiva una circinatura, overo strophia implectante di vermiglie albicante et amoene rose verneamente intexta cum gemmule fulgurava.