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composito conveniente, examinando di quelle excellente et eximie statue lapidee, di virginale factura, che di subito excitato caldamente singultando sospirava.
In tanto che risonavano gli mei amorosi et sonori suspiri in questo loco solitario et desertato, et di aere crassitato commemorantimi della mia Diva et exmensuratamente peroptata Polia. Omè paucula intermissione se praestava, che quella amorosa et coeleste Idea, non fusse simulacrata nella mente, et sedula comite al mio tale et cusì incognito itinerario. Nella quale fermamente nidulata l’alma mia contentamente cubiculava, quale in tutissimo praesidio, et intemerato Asylo secura. Dunque essendo per questo modo ad tale loco pervenuto, ove erano dalla copiosa et eximia operatione antiquaria gli ochii mei ad tale spectatione furati et occupati. Mirai sopra tutto una bellissima porta tanto stupenda, et d’incredibile artificio, et di qualunque liniamento elegante, quanto mai fabrefare et depolire se potria. Che sencia fallo non sento tanto in me di sapere, che perfectamente la potesse et assai discrivere. Praecipuamente che nella nostra aetate gli vernacoli, proprii, et patrii vocabuli, et di l’arte aedificatoria peculiari, sono cum gli veri homini, sepulti, et extincti. O execrabile et sacrilega barbarie, come hai exspoliabonda invaso, la più nobile parte dil pretioso thesoro et sacrario latino, et l’arte tanto dignificata, al praesente infuscata da maledicta ignorantia perditamente offensa. La quale associata inseme cum la fremente, inexplebile, et perfida avaritia, ha occaecato quella tanto summa et excellente parte, che Roma fece et sublime et vagabonda Imperatrice.
Dinanti ad questa egregia porta (primo questo dire censendo) in subdivale relicto era una platea Tetragona passi per il suo diametro trenta. Cum spectabile silicato di quadrature marmoree, distincte uno pede, intersito, di tessellatura in varii intricamenti et colligatura et coloramenti. In molte parte per la ruina di petre disrupto et arbusculato. Et nelle extremitate dilla dicta platea, dilla dextera et dilla leva, verso gli monti, erano ad libella dui ordini de columnatione cum exquisito intervallo dil Areostylo interiecto, secundo la exigentia opportuna d’una columna all’altra. Ove il primo corso, overo ordine d’ambe due le parte, initiavano equali al limbo, overo extremo termine dil silicato nel metopa, overo fronte dilla magna porta. Et tra una et l’altra columnatione, era spatio di passi .xv. Dille quale columne alcune et la magiore parte overo numero integre se vedevano. Cum li capitelli Dorici, overo Pulvinati, cum gli cortici, overo volute cochleate, fora delli echini inanulati, cum gli astragali subiecti, dependuli de qui et de lì, la tertia parte sua più, excedendo lo imo suo, cioè dil capitello, il quale di crassitudine dilla supposta columna semidiametro constava. Sopra gli quali iaceva lo Epistylio, overo trabe recto