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dulo del suo altissimo concepto del monte Atho. Imperò che questa amplissima structura sencia fallo excede la insolentia Aegyptica. Supera gli meravegliosi labyrinthi. Lemno quiesca. Theatri sa mutiscano, non si aequa el dignificato Mausoleo. Perché questo certamente non fue inteso da colui, che gli septe miracoli, overo spectacoli del mondo scripse. Né unque in alcuno saeculo, né viso, né excogitato tale, silendo etiam el sepulchro mirabile di Nino.
A l’ultimo discretamente considerava, quale opposita et obstinata resistentia di fornici sotto mai potesseno sostenire, né supportare, et quale Hexagone, et tetragone Pile et quale nanitate di columnamento potria fermamente supposito, tanta gravitudine et intolerabile ponderatione tolerare? Per la quale discursione ragionevolmente iudicai, overo che tutto solido et massiccio ristato del monte fusse subdito, overo l’una compacta congerie de glutinato cemento et glarea et di rude petratura. Per cusì facta animadversione io explorai per l’ampia porta. Et vidi che nel intimo era densa obscuritate et concavitate. La quale porta inseme cum el mirando, et superbo aedificamento (cose digne di aeterno monumento) cusì nel sequente como era egregiamente disposita, sarae alquantulo descripta.
POLIPHILO POSCIA CHE EGLI HAE NARRATO PARTE DELLA IMMENSA STRUCTURA, ET LA VASTISSIMA PYRAMIDE, CUM EL MIRANDO OBELISCO NEL SEQUENTE CAPITULO DESCRIVE MAGNE ET MIRAVEGLIOSE OPERE, ET PRAECIPUAMENTE DE UNO CABALLO, DE UNO IACENTE COLOSSO, DE UNO ELEPHANTO, MA PRAECIPUAMENTE DE UNA ELEGANTISSIMA PORTA.
USTISSIMAMENTE SE POTREBBE CONcedermi licentemente de dire, che nel universo mundo unque fusseron altre simigliante magnificentissime opere, né excogitate, né ancora da humano intuito vise. Che quasi diciò liberamente arbitrarei, che da humano sapere et summa et virtuosa potentia, non aptamente simile insolentia di aedificatura et artificii potersi excitare, né di invento diffinire. Diqué tanto erano a questo intento et obstinato conspecto, captivati cum excesso piacere inseme, et cum stupore, gli sentimenti mei, che altro nella rapace memoria solatioso, et periocundo non mi occurreva. Se non quandonque io applicato mirava, et curiosamente tutte le parte al venusto