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qualunque septo et inclusorio per quel amoeno prato diffusamente florigero dille singulare et eximie delicie di Polia (quale susurante ape) uberrimamente infessi racoglievano, tanta dolcecia, et suavissimo dilecto, per le oppresse viscere diffundentilo. Ove le amplissime fiamme serpente, sencia relaxatione insultanti, violentarii invadevano. Per la quale cosa digno non arbitrava essere, né conveniente, che l’amoroso, et carbonculato core, in queste tale opere vigorosamente exercitato, et sustinente di summoverlo, et per molestia debilitarlo. Ma più presto modestissimamente io doveva quello tollerante supportarlo.Il quale tanto voluntiera per mio affabile contento havea operosamente contracto. Hora nella fatale navarchia, sencia amplustre et temone naviganti nui protoploi, et sopra questo impraemiditato navigio, ove tuti gli mysterii d’amore spiravano. Il quale havea per la puppe la prora, et per la prora la puppe, cum il più digno et exquisito artificio, ad Cupidine dalla matre accommodato, che unque una apta et uberrimamente faconda lingua di rotondo eloquio, il sapesse exponendo exprimere, et exprimendo recollere, et distinctamente recollendo percontare. Nel mediostimo dilla quale, cioè nel istopode, era levata una aurea hasta cum triumphale et imperatoria vexillatione, di panno tenue sericeo, di infectura cyanea, nella quale di gemmule dilla coloratione opportune, cum candidissime margarite depolitamente erano picturariamente ritramati d’ambe le facie, cum multiplici foliamenti cum summa deornatione decorissima, tri hieroglyphi. Uno antiquario vasculo, ne lo hiato buccale dil quale ardeva una flammula. Et poscia era el mundo, inseme colligati cum uno ramusculo di vinco ad gli suavi reflati dil verifero et obsequente zephyro perflatile volabile, et eximie inconstante. Lo interpreto degli quali cusì io el feci. Amor vincit omnia.

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