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individuo comite cum sicuro tutamine nella mia navicula. Il perché demeare al materno regno, et destinata insula, non vale alcuno, si io come suo proprio navarcho et portorio non gli traiecto, et cum divini ragionamenti facetamente la invita intrare. Polia allhora non morante, et impigra festevola la mano mia alacremente ripresa se levoe silendo, ma tuta prompta, et cum elegante acrimonia cum profunde veneratione, et veniali flexi, et ella et io salita sopra la fatale navicula, et nella puppe postase ad commoda sessione, et io par a lei sencia inducia, quelle dive Nymphe compositamente dal exeso litore, quanto uno tirare di mano remigorono. La navicula era una exeres, cioè una navicella non futile, ma confixa cum remigatorio di sei remi, cum mirabile illito exteriore, non di palimpissa, né di zopissa denigrata, ma di uno pretioso liquamine composito di amigdalato benzuì, ladano, mosco, ambra, zilibeth et cum gemina styrace, et cum ordinata distributione di quantitate, com mixtura nobilissima per tuto deuncta, et di excellente artificio compaginata, et contexta di legno sandalo biancho, et citrino odorifico, et di grave, et non carioso ziloe mananti mirabile et nunque tale sentita fragrantia sopralinita, confixa di claviculi d’oro, gli quali nelle sue bulle, overo suo capo papillato lucevano di miro artificio inclaustrate gemme pretiosissime, gli constrati et gli transtri erano di sanguinaceo sandalo. Rendevano oltra modo exhilarante il core. La quale miranda et insolente navicula, remigavano sei aptissime, et summamente disposite, et herile puelle. Gli remi cum le palmule erano di illustre et niveo eburo, non cum raphano, ma genuino praenitente et gli scalmi d’oro, et gli strophii di commixta et intortila seta. Vestivano esse puelle ditissimamente di lympidissimo panno, alle celere et modeste aure inconstante, et volabonde, impedito dal reflato presulamente cum voluptica ostentatione degli membri dilla subadhaerente forma il fiore dilla aetatula dimonstrava cum la testa invilupata concinamente di abondante trece biondissime, alcune cum ubero capillamento lucido più nigro di hebeno indico. Et quanto grato si praestava di videre dui oppositi accostatisi. La carne ultra modo nivea, dil volto spalle et pecto intorniate uberrimamente da come nigerrime, disposite in spiri, et texture, lascivamente colligate di cordicelle d’argento, cum innodatura et laquei tanto piacevoli, et gratissimi ad gli sensi, quanto unque cosa voluptica apparere potesse da rivocarli ad sé da omni altro spectabile intuito et mancipato scemoti, sopra la cervice coartati di orientale perle. Alle quale ceda quella, che