Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
de qui partitome piu avidamente lustrando per le acervate ruine, trovai unaltra ara tetragona. La quale nella sua plana havea una basi sencia plintho, cioe una gula, da poscia una fasceola, & dapoi uno thoro. Oltra questo era æquato. Nella quale æquantura assideva uno plintho, overo latastro, che da angulo ad angulo faceva uno sinuato, quanto uno dilla sua figura quadrata incurvantisse paulatine. La proiectura degli quali anguli non excedeva la circumferentia dil totque, overo thoro subiecto. Sopra il quale abbacato plintho iaceva uno circulare sudo duno vaso. la circustantia dil quale non præteriva lo exito degli anguli dil subacto plintho. Il quale vaso se dilatava tanto nella apertione, quanto era lo extremo delinfino dilla supposita
gula dilla basi. Lo orolo o vero labro dil quale servando la sua crassitudine tendeva un inflexo i se medesimo invertiscente, nella ara vidi tale epigramma.
Indi partentime io trovai uno nobile fragmento di optimo porphirite, cun dui capi equini scalpti. Dagli quali una implicata ligatura, dui rami di mytro intrasversati, & penduli retinente usciva.
Nel medio dil trasverso erano cum una stringiente cimosa di mira factura innodati. Tra uno & laltro osso sopra le myrtee fronde vidi di bellissime ionice maiuscule tale scriptura. il resto dilla scriptura com la petra distructo.