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fumo degli sacrificii ascendendo se sublimasse per il meato dilla porphyritica cupula, et fora exalare. Et per adventura suspicai che il tholo, overamente culmo mediano dil tempio fusse aperto al rito aegyptico, et dil sancto fumo il nidore, overo ustrina sencia molestare il templo ussirsine. Dall’altra parte dilla praedicta Ara trovai di litere romane excavate exquisitamente questo titulo, pensai di l’ara trovata da Valesio a Tarento.
In circinatione di questo terreneo overo subterraneo loco, altra operatura non vidi si non appacti sedili dilla propria materia. Tute queste cose cum grande et smisurato piacere, et singular devotione diligentemente mirate di sopra ritornai. Ove mirabondo dilla integritate di questa insigne operatura di ciborio. Tra me confirmai il suspecto, che il cielo dil tempio aperto si fusse. Imperò che la ruina in circuito era aggerata, et questa parte trovai immune. Hora quivi inspectando mossi gli ochii, et vidi una tribuna alquanto integra. Disubito cum gli ochii comitanti gli pedi, ad quella festino andai. Nel cielo dilla quale una artificiosa pictura era ivi rimasta cum incredibile conato et efficientia dill’artifice di opera colorifica di museaco subtilmente expressa. Quivi cavernatamente picto era uno fornice di spissa caligine infuscato monstrante una ingente et trista, et terricula spelunca tuta cariosa quale uno multicavo overo fistuloso pumice. La quale dal lato sinistro verso la mediostima parte vicino ad una asperrima invia, et ferruginea et confragosa rupe terminava. Nella quale se videva uno hiato di concavatura dinanti, et nella facia verso il suo finire distante da uno tofineo saxeo monte scrupeo et chaimeno. Questo per il medesimo modo incavernato all’incontro et pervio. Nella mediata altecia tra l’uno et l’altro traiectava uno bipartito ponte di ferro candente fina al mediato et poscia apparea frigorissimo