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Per la quale cancellatura mirando m’aparve di sotto vedere una certa quadratura. Per la qual cosa accenso di curiosa cupidine di potere ad questa parte descendere rimabondo tra quelle fracture, et minutie et ruine perquirendo qualche meato. Ecco che in uno marmoreo pilone comminuto tuto meno circa dui passi, investito di una obstinata et flexipeda hedera dalla quale quasi tuta trovai occupata l’apertione di una porticula. In la quale da troppo scrutario disio seducto sencia altro pensiculare, et inconsideratamente intravi. Ove per uno caeco acclivo scalinato descendendo, al primo ingresso m’aparve horrende latebre et illumina caligine, ma poco stante assuefacti alquanto gli ochii cernere incominciai, et vidi uno grande et amplo loco subterraneo concamerato in rotondo, et per l’umido male risonante. In columne nane suffulto era et sustentato. Sene erano subacte al perpendiculo dille superastructe dilla cupula, cum gli archi tanto loco di apertura includendo, quanto il contento ambito delle sei superiore. Dalle quale nane testudinava poscia tuto questo loco candido di marmoro, di expolita quadratura decementato, et quasi non cernentise le compacture. Negli quali era desputato molto Afronito, overo Baurach. Quivi trovai il secticio silicato, bellissimamente expresso, complanato et piano, ma foedato di frequentia di noctue. Tra le nane era fundata solistimo una biquadrata Ara, tuta di auricalcho, piedi sei longa, et cum il soco et coronula alta il dimidio. La quale era vacua bustuariamente quale uno sepulchro. Ma nella apertione dalla superficie in giù sextante vidi una cancellatura, overamente una crate dilla propria materia inseme conflata. Da una facia vidi una fenestricula, pensai per questa gli sacrificuli ministrare il foco ad holocaustare la victima, et d’indi trahere il sancto cinere, et anchora cogitai, che sopra quella crate ponevano incensabondi, overo ad adolere l’animale. Etiam fumido apparendo il suffito dilla apertura. Quivi iuridicamente coniecturai, che il