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Tuti quelli che ad amore affabile indulgendo davano opera, cusì homini, quale foemine. In questo loco ad gli celebri ferali et solemni panegyri da diverse regione et provincie contermine et remoti loci parentabondi convenivano, obsecrando et litando il nume di Plutone tricorpo. Che essi a tanta impietate non cespitasseno di essere conscii dilla propria et intempestiva morte. Diciò immolavano le furve hostie, overo nigricante pecore, non ancora cognita dal maschio supra una flagrante Ara aenea, gli masculi al deo, et le foemine alla dea, et gli lectisternii facendo trinoctio. Quella fiamma et foco daposcia cum spargiere di multitudine di rose, et cum arferia extingueano, como in questo loco grande roseto di qualunche maniera ancora relicto apertamente vedi. Le quale allhora racoglierle era cosa nepharia. Ma gli sacerdoti le commutavano. Finito lo incenso sacrificio.Il pontifice infulato nel pecto ornato di una mirabile et mysteriosa fibulatura aurea cum decoramento d’una pretiosa petra Synochitide alquanto dil sancto cinere ad ciascuno cum uno simpuleto d’oro. Daposcia cum multa divotione dava. Accepto il cinere catervatamente ussivano dil tempio cum observata veneratione ad gli iuncosi litori dil proximo mare come vedi. Et in uno calamo posito il sacrato cinere, fora nel pelago il flavano cum religiosa superstitione, cum altisone voce, et inconcinne exclamando, et cum foeminei ululati confusamente intermixti et dicendo. Cusì perisca chi dil suo amatore causa sarae dilla morte et conscio. Daposcia che in tale modo facto haveano sparso nel mare il cinere proiecto il calamo, sputato tre fiate nel dicto mare, tre fiate dicendo fu, fu, fu. Ritornavano festigianti cum altre rose, quelle per tuto il tempio disseminantile, et praecipuamente sopra gli sepulchri, cum funereo pianto, gli quali ordinatamente nel tempio erano situati, cantanti carmini lugubri sepulchrali et flebili, sonanti cum tibie sacrifice et milvine. Novissimamente ponevano ciascuno cum gli sui conterranei in uno circulati sopra il pavimento le mense et le epule et qualunque edulio da quelli comportate in uno communicando exponevano cum le saliare epularii. Et quivi cum sancto rito facevano il silicernio, il superfluo poscia chiamati gli mani alle are sepulchrale lasciavano, et oltra questo anniversario, se facevano li ludi seculari. Convivati dunque, iterum fora dil tempio uscendo una pancarpia ciascuno certatamente comparava, et postala nel capo, cum fronde di funesto cupresso in mano, sequaci ad gli Salii sacerdoti, et sacrificuli vati, et praesultori geruli gli sanctificali gestamini, saltanti siciniste cum foemine immixti, cum tumultuoso plauso, et iubili, cum varii et multiplici instrumenti, da fiato, et nervici d’intorno il templo tre fiati in chorea gyranti, per placare le tre fatale parce. Nona, Decima, Morta, librarie dil altitonante Iove, alacremente semibacchati circuivano. Ritornavano etiam nel sacro tempio, ove il ramale cupresso gestato ciascuno in p iii