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littore, che io spero, anci cusì rato et firmatissimo tengo, che nui laetabondi perveniremo, ove il core nostro ardente desidera. Et per questa cagione dalle legie di Diana obnoxia arendevola la facula ho extincto. Facti gli solemni sacrificii, et supplicamenti, immolatione, et adoleatione, et praecabonda ho effusse le humile prece, et degustati gli miracolosi fructi. Acioché expiati, mundi et purificati, et digni possiamo vedere le divine presentie. Le quale all’immundo intuito degli mortali homini concedute non sono. Diqué la insigne Polia parimente et io, di immensa dulcedine suffulti, et in sincero amore corroborati, meco questi arcani concepti mellifluamente conferendo, et par et adhaerente a llei caminando, ad uno veterrimo aedificio pervenissemo alecremente iucundi, festivi, et gaudibondi. Circa al quale era uno religioso luco. Il quale era sopra aedificato al marisono et lavato litore dal refluo mare. Et quivi ancora restato era una vastitate magna di muri, o vero parieti, et di structure di marmoro albario, et uno fragmentato, et illiso mole di porto apresso. Nelle fracture dil quale et lassate compacture il salsiphilo et littoreo Critani germinava, et in alcuni lochi vidi il litorale Cachile, et molto Kali et lo odoroso Abscynthio marino, et per il Aggere sabulaceo Irringi, et Portulaca, et Eruca marina, et assai altri celebri simplici, il Caratia, et Mirsinytes et simigliante litoracole herbe dal quale porto per molti scalini dispari al suggesto dil propylaeo dil tempio si saliva. Il quale aedificio per vorace tempo et per putre antiquitate, et per negligentia all’humida terra collapso, de qui et de llì demolito sencia capitelli rimasti il scapo, o vero trunco decapitato di alquante ingente columne di saxo persico di granelatura rossa. Alcune cum mutua alternatione di marmoro Migdonio, alcune havevano fracta la contractura, non si vedeva la Hypothesi, né lo Hypotrachelio, né Astragalo. Alcune ancora mirai eree di mirabile arte, quale non erano nel gaditano tempio, ma omni cosa sub divo, di carie et vetustate offensa. La mia frugi et benemorata Polia quivi me disse. Poliphile dolcissimo mio mira quale digno monumento dille cose magne alla posteritate cusì in tale supinata ruina, et in tanto grumo di rupture di pietre aspero et camelloso relicte. Già nel primaevo fue uno egregio et mirando tempio, circa il quale già solemnissimamente si nundinava, et ingente de mortali multitudine eo omni anno convenivano spectaculi facendo, et per elegante structura, et per gli observati sacrificii diffusamente famoso, molto religiosamente dagli terrigeni celebrato. Ma perché al praesente abolita è, et ignorata la sua dignitate, cusì come il iace disrupto et ruinato il vedi expressamente destituto. Denominato Polyandrion tempio. Nel quale Poliphile, corculo mio, sono multi puticuli, ove erano sepulti li pulverabili corpi di quelli, che malamente per improbo, infausto, et lugubre amore alla obscura morte miserabili cedevano. Allo interno Plutone dedicato. Et per anni riverticuli ad gli idi di Maio, cum prisce et solemne cerimonie.