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probatione dell’amoroso Minalione et Ileo, et per la bella Atlanta. Et non per altro modo certare, che per l’amata Deianira el lacertoso et robusto Hercule contra el portentoso Acheloo virilmente lutando el vinse, et io non altramente per conquistare tanti dilecti, et intrare longevamente negli sancti et uberrimi lochi, di ogni delitie et voluptate dispositi. Et sopra tutto di conseguire el pretioso amore, et aquistare la diutinamente optata benivolentia di Costei, più bella sencia comparatione de Casiopeia più formosa di Castiamira, heu me la quale porta el morire et la vita mia nel suo volere, et si per aventura indignio apparo de tale consortio et amoroso commercio, almeno assiduamente intento riguardare, a me per ispeciale dono et privilegio et gratia aeternalmente conceduto mi fusse. Et poscia a me medesimo parlando diceva. O Poliphile se lla sarcinosa et molesta gravecia di questo amoroso pondo peraventura te terrisse, la suavitate del fructo a qualunca trista fatica philopono te invita, et si gli erumnosi periculi te terriscono, la sperancia tamen del patrocinio et adiuto di tale Nympha inferocire et suadere ti doverebe. Poscia de qui sencia mora demigrato el mio vario vacilamento diceva. O superni et maximi Dii, et vui suprane Dee, sopra gli mortali potenti. Si questa è quella acceptissima Polia la quale al praesente io vedo, che sencia intermissione ho gestata et nel mio arso et tenace core cum sempiterno glutino inhaerente impressa pretiosissimamente riservo, dagli primi anni de amore fino agli praesenti io mi contento del tutto, et già oltra essa altro non chiedo, ma solo questo supplice obsecro, parimente agli mei fervidi amori constringetila, et che essa de quel medesimo uroso foco, nel quale per essa tanto duramente me nutrisco et consumantime ardo, che essa aequalmente ardi et ambidui loricati, o vero solvetime solo. Il perché hora non valeo più simulare et fingere la accerbitate (per ocultare) lo infortito incendio, già mai io mi moro vivendo, et vivente non mi sento vita, io sum alacre tristantime, et non me tristo, et io vo poenando,io me consummo in flamma nutrientime, et la exuberante flamma augmenta, et ardendo quale Oro nel forte cemento trovome solido giacio. Heu me misero questo cusì grave amore tropo me molesta più che la grave Inarime Typhone, me dissipa più che gli rapaci Vulturi le glomerate viscere di Tityo, me implica più che labyrinthica obliquatione, me inquieta più che gli Nimbiferi venti il tranquillato mare, me urgie più che gli mordaci cani alla fuga Actaeone, et più che la horribile morte el dolce vivere, perturba gli spiriti mei. Et el mio crucioso core da gli sui mordenti ochii più noxiamente è deroso che dal Ichneumone le Crocodiline viscere perese. Et oltra el credere da quelli ello è sì occupato de incessabile percosse incudamente, più che gli Ceraunii monti sovente percossi dagli coelesti fulmini. Et tanto più che io non posso cum tutto el valore del mio ingegno