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Circe, le potente herbe di Medea, gli noxii canti de Byrrenna, et gli sepulchrali carmini di Pamphile. Il perché iuridicamente dubitava, che gli corporali ochii potesseron ultra la humanitate cernere, et non potervi essere humillimo, ignobile, et grave corpo, ove gli immortali beati conquiescono. Poscia che subtracto era dalle longe et anxie cogitatione, et phantastice imaginatione, exquisitamente tutte le mirande, sancte, et divine cose da me fin qui nude et apertamente vise rimemorando, finalmente io conobbi non essere inganevoli praestigii, né fallacie magie, ma veramente imperfecte compraehense. Dunque intentamente riguardando cum queste, la praestantissima Nympha al lato et cusì contigua, moribondo cum gli ochii stipati d’amorosi et seduli dardi indesinente el tristo core vulnerava. Per gli quali incontinente ogni mio peregrino et vagante pensiculato excitava, et in essa fixo obiecto tutto racoltosi et concreto, rivocava l’alma mortificata, vigorosamente a recentarse negli primarii fochi. La quale acerbamente pativa, per non audere di interrogare, si essa fusse la mia diva et desideratissima Polia. Advenga, che lei per avanti in alquanta ambigua et sospecta notitia me rendese, et dubitando meritamente (che ’l non si converebbe unquantulo el mio rude et inculto parlare) di offenderla impudente, già la calda voce molte fiate essendo agli reticenti labri pervenuta, per tale ragione quella reprimeva. Ma diciò quello che si fusse, da miraveglioso stupore circumvenuto, (Quale dal simulato Atlantiade, el decepto Sosia) grandemente sospeso me ritrovai, sopra tutto cum subtili risguardi, et cordiali trutinamenti le caeleste operatione examinando invaso da ardente desio, intanto che oltra modo, cusì appetiva fra me dicendo. Quivi volentieri essere io vorei connumerato municipe perpetuo, et si el se potesse, niuno affanno erumnoso, me potrebbe grave apparere, niuno imminente periculo me spagurirebbe. Quantunque la fallaciosa fortuna si opponesse, io allhora la cara et appretiabile vita, sencia altro pensare tutta la exponeria. Non recusando de praehendere el laborioso et grave proposto delle due porte al figliolo di Amphitrione dimonstrate, et de consumare la dolce iuventute, et gli mei piacevoli anni, per gli mortali periculi del saeviente pelago, et per gli spaventevoli lochi de Trinacria, cum più supreme fatiche et terrore substenute dal peregrino Ulysse, essendo nella infuscata et impervia spelunca del horribile Polyphemo Cyclope figliolo de Neptuno, et dalle transformatione della compagnia di Calypso, et de non resparmiare la gratiosa vita, a quale cosa si fusse, et sostinere più dura et longa servitute, che non toleroe l’amoroso pastore hebraeo, et più dira di quella de Androdo servo perché ivi qualunca fatica si exclusa, ove amore ferve, et de ponerme alla m