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inclinavano, et decerpti gli belli flori, et replete le tuberule mano cum amorosi sembianti, negli sui venusti volti spargevano cum molta voluptate solaciantise et scherciando. Altri cortesemente tuttavia aperti gli strictamente ansulati sini, addendo flori a flori entro ponevano le defoliate rose subsequendo poscia el succioso basio. Et ad un’hora se percotevano cum la non dogliosa mano sencia vibice et sugillatione, dantise guanciate suavemente nelle gelasine guance, surrubicunde quale se dimonstra lo illuminoso Phoebo nelle rote della frescha Aurora, cum le più nove et inexcogitate pugne che unque Amore seppe fingere. Tutte festive alacre, et tutte ad dilecti provocate. Cum gesti et movimenti puellari et virginea simplicitate, cum sincero amore impigliate sencia offensione della honorata virtute. Libere et exempte di occursamento tristibile, et della aemulatione della versipelle fortuna. Sotto le temperate ombre discese dalle piangente sorore del improbo Phaethonte et dall’immortale Daphni et da comosi Pini, cum minute et aculeate fronde, et dal arbore retincto del inflammato cruore degli infoelici Babylonii, et dagli driti Cupressi et verdissimi Nerancii et Cedri, et d’altri spectatissimi et foliosissimi et di flori et fructi foecundissimi arbori cum aeterna virentia, sencia aestimatione bellissimi et redolenti. Gli quali regulatamente dispositi sopra le gratiose praeripie, et per la planitie dispensati, cum moderata distantia et intercapedine la terra herbida occupavano, piena et vestita della verde Vincapervinca cum gli sui cerulei flori, o me dunque quale sarebbe sì frigido et algente core che concitatamente exarso non si fusse, praesentialmente speculando cusì reali et delectevoli officii dello aequato et reciproco amore? Dunque ragionevolmente sospicai che ancora la venatrice Diana tutta si sarebbe facilmente incensa. Et la glaciale Elice da lei persequita. Per la quale cosa harei tanto auso quasi di proferire una isciochecia, che gli inferi spiriti alcuno altro tormento non patiscono che l’invidia che de questi hano. Gli quali sencia termine foelicemente viveno in dilecti et triumpho, cum summa voluptate, cum niuno fastidio delle praesente cose né cum saturatione de quelle. Onde più fiate per gli mei ochii da extrema dolcecia el core accenso, et grandemente igniscente fina alla haesitante bucca l’alma amorosa exulava. Et alli delectevoli piaceri fixo la mente servando, et gli folposi basii, et gli abondevoli guiderdoni del volucre Cupidine cum curioso aspecto reguardando. Mi apparve certamente in quel tracto di essa ignita alma sentire essere el suo transito et agli extremi et ultimi termini de beatitudine suavemente demigrare. Et per questo modo vacilante me ritrovava fora de ogni mensura exanime obstupefacto, che quasi philtrato me arbitrava. Nella tenace memoria offerentise gli unguenti della malefica