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saporosi basii poscia amorosamente non denegavano, anci agevoli strictamente osculantise più serati et mordaci che gli voraguli delle trece del polypo, et più che non sono le conchilie agli hyllirici scopoli et alle marine plote mordacemente adhaerite, cum mostose et tremule lingule compastate de fragrante mosco, tra gli ridenti et humectosi labri ludibonde mutuamente sublabravano. Et alle bianchissime gule alcuni cum gli piccioli denti faceano non dolente note. Altri tra la virente herba et gli colorati flori se havevano expositi al grato sedere appresso le ornate ripe, non implicite di cannuscula, ma de varii flori decorate. Nelle quale le liquante lymphe più chiare che Axio in Mygdonia, risonavano rumpentise ne gli pedi del puniceo Oleandro, et sotto agli ombregianti arbori erano impexi l’uno cum l’altro, quali viperei crini de Medusa, et più che la intricata Cuscute, in delectevoli amplexamenti, et più compactamente stringentise, che la serpente hedera agli antichi ulmi et agli vetustissimi aedificii. Et agli reveriti amanti non atroce, non renuente, ma puramente cum sotiale amore benigne et affabile, et agli sui desii exponentise consentanee cum gli nudi et copiosuli pecti. Gli quali se rendevano agli ochii oltra modo grati, cum venerei gesti più delectabili et gratiosi che le fluente lachryme al crudele et impietoso Cupidine. Et molto più che agli herbosi prati gli freschi rivuli et la rosulatione matutina. Et più che alla materia la optata forma. Alcuni concinnamente amorosi versi cantavano, cum stanche voce occupate de suspiruli nello inflammato pecto, pieni de suavi accenti, da inamorare dolcemente gli feri cori di petra, et de domesticare la asperitate del invio monte Caucaso. Et da impedire tutto quello che la lyra di Orpheo faceva et lo maledicto aspecto di Medusa. Et da rivocare qualunque horribile monstro piacevole et attrectabile. Et aquetare el continuo stimulo della rabida Scylla. Alcuni negli casti sini delle sedente fanciulle ociosamente stavano collocati, racontavano le piacevole facecie del alto Iove, et esse argutule ambivano le sue crispulate caesarie de strophiole de saporosi flori, et di olenti herbule, et cum summo solacio coronavano. Simigliantemente alcuni di essi erano amorosamente fingendo repudiati, simulando de fugire quello che uno et l’altro intensamente affectavano. Et quivi insequentise correvano l’uno drieto l’altro cum le buccule aperte piene de ridenti et muliebri clamori, cum le biondissime trece giù per le lactee spalle effuse velante, renidevano come filatura d’oro, di serti di virente Myrto compresse. Et alcune cum cura Nymphale innodate gli havea elegante, cum volante Aulee. Alcune cum crinale vitte di aureo implicamento intexte cum gemme ornate. Daposcia alquanto giungentise, se