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Hora quale animale che per la dolce esca, lo occulto dolo non perpende, postponendo el naturale bisogno, retro ad quella inhumana nota sencia mora cum vehementia festinante la via, io andai. Alla quale quando essere venuto ragionevolmente arbitrava, in altra parte la udiva, ove et quando a quello loco properante era giunto, altronde apparea essere affirmata. Et cusì como gli lochi mutava, similmente più suave et delectevole voce mutava cum coelesti concenti. Dunque per questa inane fatica, et tanto cum molesta sete corso havendo, me debilitai tanto, che apena poteva io el lasso corpo sustentare. Et gli affannati spiriti habili non essendo el corpo gravemente affaticato hogi mai sostenire, sì per el transacto pavore, sì per la urgente sete, quale per el longo pervagabondo indagare, et etiam per le grave anxietate, et per la calda hora, difeso, et relicto dalle proprie virtute, altro unquantulo desiderando né appetendo, se non ad le debilitate membra quieto riposo. Mirabondo dell’accidente caso, stupido della melliflua voce, et molto più per ritrovarme in regione incognita et inculta, ma assai amoeno paese. Oltra de questo, forte me doleva, che el liquente fonte laboriosamente trovato, et cum tanto solerte inquisito fusse sublato et perdito da gli ochii mei. Per le quale tute cose, io stetti cum l’animo intricato de ambiguitate, et molto trapensoso. Finalmente per tanta lassitudine correpto, tutto el corpo frigesc-