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nelle cime discuneati, sopra el limoso fiume, ove vedeva el coelo lacerato per gli impedienti rami frondosi, et tali sicchi, horrido loco a homo solo ritrovarse Sencia traiecto alcuno. Ancora cum le ultranee rive più che le citime obscure et intricabile apparendo. Quivi era el mio spavento sentire de lì alcuna fiata sibilante ruina d’arbori, et uno fragore de rami, et sfindere crepitante de ligne, cum geminato et horrisono strepito, per longo tracto nella densitate degli arbori et incluso aire riservato. Volendo dunque io Poliphilo territo et afflicto evaso tanto horrore, le optate aque sopra le verdose rive exhaurire, cum gli popliti consternato, et in clausura le dette reducendo, et la vola lacunata, feci vaso da bevere gratissimo. La quale infusa nel fonte et di aqua impleta per offerire alla rabida et hanelante bucca, et refrigerare la siccitudine del aestuante pecto. Più grate alhora ad me, che ad gli Indi Hypane et Gange, Tigride et Euphrate ad gli Armenii, né ancora è cusì grato alle gente Aethiopice el Nilo. Et ad gli Aegyptii el suo inundare imbibendo la tosta gleba. Né Eridano ancora alli populi Liguri, quanto mi se offerivano le acceptissime et fresche rive. Né cusì peracceptissimo fue a Libero Patre el fonte dimonstrato dal fugiente Ariete. Acadette che non cusì praesto le expectate et appetibile aque claustrale, nella caveata mano ad la bucca aperta era per approximarle, che in quello instante audivi uno Dorio cantare, che non mi suado, che Thamiras Thratio el trovasse, per le mie caverniculate orechie penetrante, et ad lo inquieto core tanto suave dolce et concino traiectato. Cum voce non terrestre, cum tanta armonia, cum tanta incredibile sonoritate cum tanta insueta proportione. Umè quanto mai si potrebbe imaginare. Perché sencia dubio questa cosa excede ultra la potentia di narratione. La dolcecia della quale et delectatione, molto più de oblectamento che la potiuncula offerentise mi se praestava. Intanto che l’aqua hausta intra la clausura dell’intervalli degli denti, insenso quasi et già obstupefacto lo intellecto, et sopito l’appetito, niuna virtute contradicendo reserati gli nodi se sparse ad humida terra.