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humanitate per iuste prece merita suffragio, et debi essere exaudita. Al praesente di qualunque fragile offensa dolente, te supplice invoco summo patre degli superi, Medioximi, et inferi aeterno rectore, che de questi mei mortali pericoli et praesente horrore, me ad la tua immensa Deitate piaqui liberare, et finire questa mia dubiosa vita per altro megliore fine. Et quivi quale Achemenide horridulo dal horrifico Cyclope exorava cum solicite et precarie voce Aenea, più praesto desiderando da gli homini inimici morire che per cusì horrendo interito. Cusì né per altro modo io precante orai. A pena le divote oratione sinceramente fusse, cum el core unito orante, contrito et exagitato, de lachryme perfuso hebbi terminate, fermamente tenendo, che gli Dii ad la bona mente occorreno, che sencia mora fora dell’angusto, aspero, et imbricoso nemore inadvertente me ritrovai. Et quasi ad novo dì, da l’humida nocte fora pervenuto. Gli ochii obumbrati, per alquanto non pativano l’amabile luce. Tutto lurido et moesto, et anxioso. Non manco niente al desiderato lume ad me parve de essere giunto. Che de uno caeco carcere chi fora advenisse diloricato delle gravose et molestante cathene, et uscito de caliginose tenebre. Tutto sitibondo lacerato, et la facia et le mane cruentate, et da morsicante Urtica pustulate sentendome exanimo, ad la gratiosa luce pur niuna cosa obiecta istimando. In tanto era sitiente, che delle fresche aure non poteva refrigerarme, né ancora acconciamente al sicco core satisfare. Avidissimo d’inglutire la vana Saliva che in me era assucta. Ma poi che alquanto io fui rasicurato, et in me rivocato uno pauculo de animo, el pecto arefacto per crebri sospiri et per anxietate di spirito, et per corporale faticha, deliberai per ogni modo di extinguere l’arida sete, diqué per quella plagia curiosamente explorando de trovare qualche aqua, onde molto lasso inquirendo, opportunamente, ad me uno iocundissimo fonte se offeritte cum grossa vena de aqua freschamente resurgente. Il loco del quale gli palustri Achori et la barba Silvana mi discoperse, et la fiorita Lisimachia, et la muscariata Imperatoria. Dal quale nasceva uno chiarissimo fluento, che cum discursivi rivuli per medio della deserta silva cum discolo et flexuoso alveo influente, incremento da molti altri liquenti canali tollendo dilatavase. Et per gli impedienti Saxi et ruinati trunchi insurgevano le corrente et sonante unde. Et poscia da impetuosi et undisoni torrenti dalle risolute neve dagli alpestri et rigidi monti lapse cadendo, gli quali non tropo lontano distare apariano candidati nel algente monstro de Pana, grande augumento riceveva. Al quale molte fiate nella mia timorosa fuga pervenuto. Io trovava alquanto de fusca luce, per gli excelsi arbori uno poco