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Sotto similmente al disteso Naso una lepidissima vallecula alla piciola bucca di cortese formula confine seguiva, gli labelli della quale non tumidi, ma madefacti, et depicti de Muricea tinctura, tegevano la uniforme continuatione degli piccioli et Elephantici denti, uno non sopra eminente all’altro, ma in ordine aequalmente dispositi. Tra gli quali Amore una spirabile ridolentia indesinente componeva. Perché io pensiculatamente praesumeva, che negli labri gratiosi, altro non fusse, se non per gli lactei denti lucente perle, et per el fragrante anhelito calidissimo mosco, et per la suave voce, Thespis cum le nove figliole. Per le quale tutte cose summamente illecto, tra gli mei infocati sentimenti, et tra il disordinato et succenso appetito, grande seditione et amaricabile contentione di proximo naque, quale già non fue nelle ante narrate praesentie, et delle amplissime et varie opulentie. Imperoché gli discoli et furatrini ochii una parte commendavano de l’altre molto più bella. Ma lo appetito in altra parte del divo corpusculo raptato, praeferiva altercando quella ad l’altre. Et diciò omni male exordio de tanta perturbativa et contentiosa commotione furono gli insaturi et infestissimi ochii mei, gli quali io sentiva de tanta et tale noxia lite nel tristo et vulnerato core interseminarii et siscitanti. Per la contumacia di quali allhora quello io al tutto el perdeti, et niente di manco sencia quelli in niuna cosa io gli poteva alquanto satisfare. Il fremente appetito poscia el summe delitioso pecto sencia aequivalentia extolleva. Gli ochii voluptabondi consentiendo dicevano, si almeno tutto el potesiamo discoprire. Diqué quelli mobili d’indi poscia violentemente dal venustissimo sembiante sublati, omni extrema voluptate in quello comparavano. Et quivi corroborato lo appetito et disconciamente protervo summurmurilava, chi facilmente mi suaderebbe, che alcuna fiata né unque si fusse uno capo copioso, cusì de geniale cesarie et voluptuoso ornato di textura, et di capilli intortili di egregio cumulo, et di iocundo circumvoluto decorare sì bela et sì nitente fronte. Quali ramenti Abiegni sempre in pampinulati orbiculi, merentise. Che mai tale et cusì spectanda Hesperia ad Esacho gli capilli comente non piaque né apparve, cum dui chiarissimi poscia et sagittanti ochii, come stelle matutine nel depurato coelo perlucide, più bellamente decorata fronte et capo, che unque se vide il Belliger Neco dagli Acintani ornato de splendenti radii, nel mio core come demisso dardo da irato Cupidine profundamente vulnerabondo. Dunque concludendo quasi auso potrei dire. Che Dello stabilita, ad gli mortali sì gratiosi, sì lucidi, sì decorissimi lumi non