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parve de essere in una spatiosa planitie, la quale tutta virente, et di multiplici fiori variamente dipincta, molto adornata se repraesentava. Et cum benigne aure ivi era uno certo silentio. Né ancora alle promptissime orechie de audire, strepito né alcuna formata voce perveniva. Ma cum gratiosi radii del Sole passava el temperato tempo.
Nel quale loco io cum timida admiratione discolo, da me ad me diceva. Quivi alcuna humanitate al desideroso intuito non già apparisce, né ancora silvatica, né silvicola, né silvia, né domestica fera. Né casa rurestra alcuna, né alcuno tugurio campestro, né pastorali tecti, né Magar né Magalia se vide. Né similmente ad gli herbidi lochi non videva Opilione alcuno, né Epolo, né Busequa, né Equisio, né vago grege et armento, cum le sue bifore Syringe rurale, né cum le sue cortice Tibie sonanti. Ma freto per la quieta plagia, et per la benignitate del loco, et quasi facto securo procedendo, riguardava quindi et indi, le tenere fronde immote riposare, niuna altra opera cernendo. Et cusì dirrimpecto d’una folta silva ridrizai el mio ignorato viagio. Nella quale alquanto intrato non mi avidi che io cusì incauto lassasse (non so per qual modo) el proprio calle. Diqué al suspeso core di subito invase uno repente timore, per le pallide membre diffundentise, cum solicitato battimento, le gene del suo colore exangue divenute. Conciosia cosa che ad gli ochii mei quivi non si concedeva vestigio alcuno di videre, né diverticulo. Ma nella dumosa silva appariano si non densi virgulti, pongence vepretto, el Silvano Fraxino ingrato alle vipere, Ulmi ruvidi, alle foecunde vite grati, corticosi Subderi apto additamento muliebre, duri Cerri, forti roburi, et glandulose Querce et Ilice, et di rami abondante, che al roscido solo non permettevano, gli radii del gratioso Sole integramente pervenire. Ma come da camurato culmo di densante fronde coperto, non penetrava l’alma luce. Et in questo modo me ritrovai nella fresca umbra, humido aire, et fusco Nemorale.