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INNO A ROMA


E niuno mai li vide; ma soltanto
tra squilli gravi delle trombe, acuti
de’ litui, e grida ed ansimar feroce,
s’udiano al vento alti selvaggi ringhi.
L’uno era chiaro come l’aureo sole;
l’altro parea la notte opaca, ed era
avviluppato in ombra di dolore.
Ivano a paro avanti le coorti
di bronzo, i forti giovinetti in fiore,
erti su gl’immortali lor cavalli.
Ma in mezzo al mare, quando sulle lievi
liburne erano le aquile, ondeggianti
per la fortuna, e l’armi contro l’armi
cozzanti, allora divenian due stelle,
che rifulgeano fisse tra il brandire
degli alberi e l’oscillar delle antenne.

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