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INNO A ROMA


Giacean rottami candidi di marmo
tra i rovi e i pruni, e sorrideano al suolo
i capitelli ai cardi ispidi e duri.
Muri con archi, cui copriva il musco,
pendean crollanti, si scoteano al vento
ad ogni crepa le parïetarie
come ciarpame pendulo a finestre
d’un abituro. Qua le acquate al tutto
finian gli dei dipinti nella calce,
qua le ventate stridule uno straccio
sempre rapìan da tende non più fisse.
Scabbia di pietre, lue di sassi verdi
per tutto, ed archi che teneano ancora
sol per l’abbraccio d’edere contorte.
Credean gl’ignari di veder spelonche
di giganti che dopo un’ardua rissa

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