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già fatto mille congetture, e la sua fantasia certo andava innanzi a tutto quello che io avrei potuto inventare. Potrei recitarvi cotesta storia del conte, che non m’è ancora uscita di niente, se non temessi di rompere il filo del mio discorso.

— Il conte s’era prima fabbricata in testa la storia, e poi s’era dato attorno per avere delle informazioni, e certo fu stupefatto quando seppe che la casa vuota non era altra cosa che l’officina di un pasticcier-confettiere che sfoggiava indi a due passi una magnifica bottega. Ed appunto perchè vi si trovava il forno erano state murate le finestre terrene, e guarnite di fitte tende quelle del piano superiore, per preservare i confetti dal sole e dagli insetti. Quando il conte me lo disse, mi parve che m’avesse slogato un’idea dalla testa.

Ma a dispetto di questo prosaico schiarimento, non potei tenermi di guardare la casa disabitata ogni volta che vi passava, da cui mi pareva che uscissero mille strane figure da far raccapricciare:

Nè per forza che mi facessi, non potetti mai -addomesticarmi coll’idea delle focacce, delle chicche, dei marzapani e delle torte