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bene.” Egli bagnò il dito in un bicchier d’acqua e passando leggermente sopra qualche lettera egli ne fece scomparire sino alla minima traccia. Sembrava allo studente Anselmo che gli si stringesse la gola con una corda, egli non potè profferire neppure una sola parola: egli era là col suo disgraziato foglio in mano, quando l’archivista gettò un grande scoppio di riso, e disse: non prendetevi tanto dispiacere per sì poca cosa, signor Anselmo, quello che non avete potuto fare sin adesso, lo farete forse qui da me; d’altronde voi troverete qui una fornitura da scrittojo molto migliore di quella della quale vi siete servito; cominciate e prendete coraggio.”
L’archivista andò a pigliare una massa nera fluida, che spargeva un odor particolare, delle penne di colore strano e sommamente aguzze, e un foglio di pergamena di una bianchezza abbagliante; poi egli andò a prendere in un armadio serrato a chiave un manoscritto arabo, e quando Anselmo si mise al lavoro, egli uscì dall’appartamento.
Lo studente Anselmo avea già copiato altre volte della scrittura araba, e questo