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volava intorno a lui, e lo inseguiva colle pungenti sue beffe.

In quel momento, il cespuglio di gigli rossi si avanzò verso di lui, ed egli si accorse che era l’archivista Lindhorst, la cui vesta da camera a fiori e a rami rossi e gialli l’aveva in principio abbagliato. “Perdonatemi, diss’egli, caro signor Anselmo, di avervi lasciato solo; ma passando ho voluto vedere il mio bel cactus che deve fiorire questa notte. Ma come trovate voi il mio piccolo giardino!” — “Ah Dio! tutto è qui d’una bellezza al di là d’ogni espressione, onoratissimo signor archivista, riprese, lo studente; ma tutti quei begli uccelli si burlano estremamente della mia disgraziata persona!” — “Che cos’è dunque tutto questo chiacchierìo?” gridò verso il più folto del boschetto l’archivista furioso. Allora un gran pappagallo grigio venne a porsi sopra un ramo di mirto presso l’archivista, e, guardandolo con aria singolarmente grave e seria attraverso agli occhiali che stringevano il suo naso ricurvo, balbettò queste parole: “Non vi incollerite, signor archivista; i miei pazzerelli oggi fanno di nuovo le loro