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sigliato dalla sua gioventù. Di bonissima ora egli riunii le sue matite, le sue penne di corvo ed il suo inchiostro della China; poichè, disse, io sfido l’archivista ad averne di migliori. Prima di tutto egli passò in rivista i suoi disegni ed i suoi capilavori di calligrafia, affine di presentarli all’archivista come una prova della sua capacità ad adempiere l’incarico che gli si destinava. Tutto andava il meglio del mondo; una felice stella sembrava proteggerlo; alla prima prova egli legò convenevolmente la sua cravatta, nessuna cucitura si disfece, nessuna maglia si ruppe alle sue calze di seta nera, il suo cappello non cadde nella polvere dopo averlo scopato; tutto andava benissimo. — In somma — a undici ore e mezza precise lo studente Anselmo, in giubba grigio-lucerta ed in calzoni di raso nero, con un rotolo di modelli di scritture e disegni a penna nella sua saccoccia, si trovava già nella strada del Castello, nella bottega di Corradi, e beveva — uno — due bicchieri di liquore stomatico sopraffino; poichè qui, pensava egli battendo sulla sua saccoccia ancor vôta, soneranno presto degli scudi da sei franchi. Malgrado