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dell’archivista Lindhorst concepito nei termini seguenti:

“Voi, signore, se si deve credere alle voci che corrono, avete raccontato in undici veglie le avventure meravigliose del mio caro genero, altrevolte studente, ora poeta Anselmo; e voi vi tormentate molto per aver di che parlare nella duodecima ed ultima Veglia, della felice vita ch’egli conduce nell’Atlantide, ove abita con mia figlia il bel dominio signorile ch’io vi possiedo. Quantunque io non veda con piacere che voi abbiate raccontato ad un mondo di lettori la mia origine e la mia vera natura, cosa che potrebbe espormi a molti dispiaceri nelle mie funzioni di archivista privato e potrebbe far nascere nel collegio la domanda assai spinosa di sapere sino a qual punto un salamandro può impegnarsi con giuramento a servire lo Stato, e se è prudente e permesso di accettare le sue garanzie, infine sino a qual punto si può in generale mettergli tra le mani degli affari d’importanza; poichè, secondo Gabalis e Swedenbore, non bisogna fidarsi per nulla ai Genii elementari; — quantunque i miei migliori amici debbano fuggire d’ora